— Mi dispiace — disse Freija usando la voce e le labbra di Raven.
Per Leon fu troppo. Si alzò di scatto e raggiunse la finestra, aprendola per prendere una boccata d'aria. Inspirò a fondo, cercando di fermare il tremore alle mani. Aveva sentito il corpo di Raven riprendere calore, l'aveva vista muoversi, aprire di nuovo gli occhi. Ed era morto con lei quando Freija aveva pronunciato quelle parole. Morto, così come sarebbe dovuto rimanere quando le sacerdotesse l'avevano colpito. Se solo Amros non l'avesse riportato in vita, se la sua anima avesse preso il posto che gli spettava... Si odiò, per il semplice fatto di essere lì, in piedi, con un cuore pulsante nel petto. Così profondamente da sentire i mille frammenti del suo dolore lacerarlo dall'interno.
Senza Raven non aveva più senso combattere. Senza di lei, ogni sua ragione veniva meno.
— Stai bene?
Leon si voltò e incontrò gli occhi di Darren.
— Ho sperato. Per un solo secondo, io...
— Lo so — mormorò l'amico.
— La sento — disse Freija.
I due ragazzi ammutolirono.
— La vostra amica è... — si bloccò, incupendosi.
Leon pensò che Raven non aveva mai avuto quell'espressione sul volto.
— Sta gridando.
— Siamo pronti. Abbiamo un elenco di incanti in grado di rallentare le sacerdotesse per il tempo che vi serve. Gli daremo del filo da torcere — annunciò Amros.
— E se non basta, le ucciderò con le mie mani una dopo l'altra — aggiunse Thalia, mortalmente seria.
— Non ce ne sarà bisogno — intervenne Freija-Raven. — Una volta che Yvonne avrà iniziato il rituale, le sacerdotesse si indeboliranno. Il loro potere diminuirà notevolmente, fino a scomparire alla morte del Vidyr.
— Significa solo che sarà più facile strappargli il cuore — disse Thalia.
Darren scattò. — Piantala, Thal, sei andata fuori di testa?
La maga puntò gli occhi azzurri su di lui e il ragazzo trasalì: sembrava che all'interno delle sue iridi nuotasse qualcosa di strano, come se un parassita si stesse nutrendo della sua luce. Darren si avvicinò e le posò una mano sul volto.
— Ehi, abbiamo bisogno di te. Io ho bisogno di te.
Thalia aggrottò la fronte, ma non rispose. Non riusciva a capire: cosa c'era di male nel voler vendicare Raven? Mentre tutti piangevano la sua scomparsa, lei aveva ideato un piano ed era pronta a combattere. Cosa stava sbagliando?
— Dobbiamo salvare Raven, non azzannare alla gola un branco di donne esaltate. Loro non sono la priorità.
— Non possiamo salvare Raven. Possiamo salvare la sua anima.
— Era quello che intendevo.
— Be', per me non è lo stesso! — urlò Thalia. — Non mi basta sapere che giacerà in pace quando avremo finito. Perché non la rivedrò più e mi manca da morire. Mi giro ancora a cercarla, aspettandomi di sentire la sua risata, e quando mi accorgo che non c'è... sento un vuoto nel petto. E so che non si colmerà mai più. Perciò non dirmi che dovrei piangere e arrendermi. Non lo farò. Voglio vendicarla, voglio strappare il cuore a chi me l'ha portata via.
— Allora prendi il mio — intervenne Leon. — Sono io che l'ho uccisa.
Thalia gli diede una spinta. — Sei un maledetto idiota! — Continuò a colpirlo disperatamente, un pugno per ogni parola. — Un-maledetto-idiota! Potevamo perdere anche te, ho ancora il terrore che tu possa svanire davanti ai miei occhi. Ed è colpa loro, di questo posto, di quella sporca, piccola bastarda e di suo padre.
Yvonne abbassò lo sguardo quando venne tirata in causa. Non trovò le parole per ribattere.
— Non avremmo dovuto rispondere alla richiesta d'aiuto.
— L'abbiamo fatto per Raven — disse Darren. — Era quello che voleva.
— Voleva tante cose, Ren. Voleva viaggiare, esplorare il mondo. Ed è bastata una scelta impulsiva, un attimo di fiducia nella persona sbagliata, per perdere tutto. Avremmo dovuto proteggerla.
— Io...
Tutti si voltarono verso Yvonne.
— ...farei qualsiasi cosa per riportarla indietro.
Fu allora che Thalia perse del tutto il controllo. I suoi occhi divennero ancora più chiari, allungò una mano in avanti e strinse le dita come per strangolare qualcuno. Era a diversi metri da Yvonne, eppure la ragazza si portò le mani alla gola, alla ricerca d'aria. Annaspò, con la bocca spalancata e gli occhi gonfi di terrore. Poi qualcuno si gettò sulla maga e l'incanto svanì.
Thalia rotolò a terra, tossì e si girò a cercare chi l'avesse fermata. Raven incombeva su di lei, lo sguardo preoccupato, gli occhi nocciola lucidi.
— Non gettare via anche la tua anima.
L'immagine di Freija si sovrappose a quella dell'amica, nella sua testa, ma il cuore non riuscì a trattenerla. Vide soltanto Raven. La sua Raven. E pianse.
Per attraversare Lanterville presero ogni tipo di precauzione: incantesimi, il fiuto di Darren, pozioni che riducessero l’aura cosicché non venisse intercettata. Ma non servì. Superata la strada principale, Lanterville divenne completamente deserta. Non un abitante, non una sacerdotessa. La cosa iniziò ad innervosire il gruppo e peggiorò quando giunsero al giardino. L’entrata era sguarnita e spalancata.
— Che scherzo è? — chiese Darren più a se stesso che ad altri.
Amros rise brevemente, con una freddezza da gelare il cuore.
— Vogliono mettere fine alla questione. E vogliono farlo proprio qui — spiegò.
— Sotto il loro amato albero — commentò Yvonne.
— Cosicché le nostre anime rimangano intrappolate per l’eternità. Prospettiva allettante per delle sadiche assassine — asserì Thalia.
Leon si fece avanti. — Be’, la mia è già in viaggio verso l’inferno, direi che posso rischiare.
D’improvviso Raven-Freija si parò davanti a loro.
— Abbiamo un vantaggio. Non sanno chi sia realmente dentro questo corpo, penseranno all’ennesima ragazzina che osa sfidarle. Non si occuperanno nemmeno di me se eviterò di attirare l’attenzione. Ho bisogno di qualche minuto per connettermi all’albero e stabilire un contatto con l’anima di Raven. Mi bastano pochi istanti e una volta instaurato il legame non potranno toccarmi — spiegò velocemente. — Pensate di potercela fare? Tenete presente che la forza delle sacerdotesse accanto all’albero è duplicata. Assorbono l’energia della pianta.
Thalia sbatté il bastone a terra e ci fu una piccola scossa. La ragazza sorrise feroce.
— Ho qualche trucchetto nella manica. Non riusciranno neanche a capire da dove arrivano gli attacchi.
Amros le scoccò uno sguardo serio - qualcuno avrebbe potuto dire preoccupato - ma non disse niente.
— D’accordo, andiamo.
Si avviarono all’interno del giardino, il silenzio a fare da padrone. Leon e Gared continuavano a guardarsi intorno circospetti, ma non si vide nessuno finché non raggiunsero il centro. Lì, sostavano due file di sacerdotesse, ordinate come un piccolo esercito: le maghe dietro e le guerriere davanti, con le loro lunghe lance. In testa al gruppo, una donna dai capelli grigi legati in una treccia arrotolata sulla testa. Si fece avanti.
— Amros! — salutò allargando le braccia.
L’uomo rispose con un cenno della testa. — Non credevo saresti uscita dalla tua grotta, Draka.
La donna sorrise. — Credevo ti piacesse la mia umile dimora — rispose allusiva.
Yvonne si voltò di scatto verso il padre, ma lui liquidò ogni domanda con un gesto della mano. La ragazza non aprì bocca ma s’incupì.
— Un tempo avevo idee diverse, su molte cose. Ora credo di aver trovato la giusta via.
— E questa tua decisione cosa ha a che fare con il nostro albero sacro?
— Lo sai bene, Draka.
La donna assottigliò lo sguardo e le sue mani emanarono scintille. — No, non lo so. Ho bisogno di qualche delucidazione. Da quando il potere del Vidyr non è più di tuo gradimento? Da quando ti circondi di ragazzini e alzi la bandiera della giustizia? Non fa per te, Amros. Tu sei come me. Come noi.
Amros espirò lentamente. — Hai ragione, sono esattamente come te. È per questo che riesco a prevedere le tue mosse.
Draka esplose in una risata rauca. — E cosa prevedi che farò ora? — Alzò le braccia e un'ondata di energia colpì lo stregone, che riuscì ad alzare una barriera protettiva appena in tempo. — Riesci a prevedere in quanti modi diversi torturerò tua figlia prima di ucciderla? O in quanti pezzettini farò questi marmocchi? Non è saggio, Amros, voltarmi le spalle.
Lo stregone digrignò i denti e sprigionò una scarica di fulmini verso Draka, che si difese deviando il fascio. Non ebbe il tempo, però, di rispondere anche all'attacco di Thalia, che nel frattempo aveva fatto crescere delle possenti radici ai piedi della sacerdotessa, che adesso le immobilizzavano le gambe.
— Non credo di essere pronta per essere fatta a pezzettini. Penso che giocherò ancora un po’ prima. Con te. Non ti dispiace, vero? — sorrise ferocemente Thalia.
Le radici strinsero la presa e Draka gridò, ma il suo dolore durò poco perché le altre sacerdotesse intervennero, liberandola. Una di esse sprigionò un fascio di luce che accecò tutti per un istante. Quando riaprirono gli occhi, Draka si era già rifugiata in mezzo alle sue compagne.
Thalia ne approfittò per fare cenno a Freija di nascondersi e iniziare il rituale. La donna non se lo fece ripetere e aggirò il gruppo, nascosta dall'incanto della maga, fermandosi dalla parte opposta, deserta. Si sedette a terra a gambe incrociate e chiuse gli occhi.
Raven udì una voce lontana. Si concentrò, ma non riuscì a capire cosa dicesse. Si portò due dita alle tempie, ma il rumore nella sua testa non fece che aumentare e diventare ancora più confuso.
— Andate via, via!
La voce continuò a ripetere qualcosa di incomprensibile per lei.
— Il gatto sa che il prato non è il suo posto. Oh sì, il gatto lo sa. Lasciatelo stare, povero, piccolo gatto. Andate via!
— RAVEN!
La ragazza trasalì, ma subito dopo iniziò a ridere istericamente, gli occhi illuminati da una luce folle.
— Non mi chiamo più così. Lui mi ha abbandonata. Gatto cattivo!
— Raven, ascoltami!
— Chi? Chi? Sento dolore, mi fa male lo stomaco, c'è qualcosa che mi graffia proprio qui.
Si sfiorò l’esatto punto in cui Leon l’aveva colpita. Non c'era alcuna ferita.
— Gli ho dato tutto. Sì, tutto. Ma il gatto non vuole stare con me, lui mi ha morsa.
— Leon. Stai parlando di Leon, non è così?
Per la prima volta, Raven sembrò tornare in sé. Si bloccò, una mano sulle labbra, mentre pronunciava quel nome.
— Leon…
— Sì.
— Conosco questo nome.
— Sì…
— È il mio gatto?
— Concentrati, Raven, ti prego.
Finalmente Freija si fece avanti. Il suo spirito era molto più nitido all'interno dell'albero e non aveva più le sembianze della ragazza.
— Tu sei lei. Sei venuta a portarmi un regalo?
Freija sorrise. — Sì, Raven, ti ho portato un regalo. Ma se lo vuoi, devi ascoltare ciò che ho da dirti.
Raven batté le mani, annuendo.
— Vieni qui da me — disse Freija allargando le braccia.
La ragazza le corse incontrò e si lanciò fra le sue braccia, come una bambina che salta al collo della madre in cerca di coccole. Ma non appena la sfiorò, non appena le loro anime entrarono in contatto, qualcosa si ruppe dentro di lei. Come lava bollente, i ricordi si fecero strada nella sua mente martoriata, uno dopo l’altro. Darren. Thalia. Yvonne. Leon…
Raven si staccò da Freija e gridò, toccandosi il ventre, come se la spada che l'aveva uccisa la stesse trafiggendo ancora una volta.
— Io… Io non… — guardò Freija. — Sono morta.
La donna annuì grave. — Mi dispiace tanto.
— Leon. Lui…
Le mancò il respiro e dovette piegarsi in due. Se fosse stata viva, avrebbe vomitato.
— I tuoi amici hanno bisogno di te, Raven. Sono persi, soffrono.
La ragazza rialzò la testa. — Posso vederli? — chiese speranzosa.
Freija annuì. — Ti stanno aspettando.
Capitolo 14
10 Settembre 2017
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