Il ladro di anime ~ Parte 2°


Evan girovagava per il piano da qualche minuto ormai. Aveva trovato le stanze vuote, tranne una, dove un gruppo di studenti si era riunito per discutere animatamente di qualcosa. Non si soffermò ad ascoltare quale sarebbe stato il colore migliore da usare come base per la tela dell'esame del mese successivo. Entrò, invece, nella stanza adiacente.
Era molto ampia, le sedie posizionate a ferro di cavallo e una cattedra al centro. Su di essa, una pila altissima di fogli e cartelline. Evan si stupì di come riuscissero a tenersi in piedi. Si avvicinò per esaminare i documenti e si accorse che erano tutte richieste di ammissione. Alcune approvate, altre da approvare, alcune incomplete e altre... Il ragazzo aggrottò la fronte, osservando meglio. Alcune richieste erano perfettamente compilate, ma ne era stato cancellato il nominativo. Anche data di nascita e altre informazioni utili a scoprire il proprietario del documento erano illeggibili. Si chiese come mai. Che fossero degli esempi per far capire ai ragazzi come compilare la scheda? No, c'era qualcosa di strano...
— Cosa ci fai qui?
Evan trasalì, allontanandosi di scattò e facendo rovinare a terra una pila di cartelline nere.
— Mi dispiace — si scusò, mentre l'uomo appena entrato lo raggiungeva.
Entrambi si chinarono per riordinare.
— Questi sono documenti riservati. Come sei entrato?
— La porta era aperta.
— Non è possibile, l'avevo chiusa a chiave.
— Le giuro che...
L'uomo si rialzò in piedi con un folto numero di cartelline in mano.
— Non ha importanza. Fuori di qui!
Anche Evan si rimise in piedi, porgendo l'ultimo foglio raccolto. L'uomo lo osservò e poi scosse la testa.
— Non fa parte dell'archivio.
Evan rimase spiazzato. — Cosa...? È caduto dalla scrivania.
L'uomo iniziò ad ordinare le cartelline, lo sguardo distante.
Il ragazzo posò gli occhi sul foglio e si accorse che era uno di quelli con il nome cancellato. Senza chiedere il permesso, allungò una mano e ne prese un altro simile dalla pila sulla destra.
L'uomo reagì. — Rimettilo a posto!
Evan glielo porse e riuscì a vedere gli occhi dell'interlocutore appannarsi e perdere la propria vitalità.
— Non fa parte dell'archivio.
Il ragazzo indietreggiò e, senza dire un'altra parola, uscì dalla stanza. Prese dalla tasca il suo cellulare e compose un numero alla svelta.
— Xavier. Credo di aver trovato qualcosa.

Xavier sentì squillare il cellulare e rispose al volo. Dall'altra parte della cornetta, la voce familiare del suo compagno di squadra.
— Qualcosa tipo? — chiese alla rivelazione di Evan.
L'altro gli spiegò velocemente cos'era accaduto pochi istanti prima. Xavier aggrottò la fronte.
— Incantesimo di memoria?
— In tal caso, non avrebbe dovuto riconoscere il foglio. Invece sembrava completamente soggiogato, come se qualcuno gli fosse penetrato nella mente. Senza fare un buon lavoro, fra l'altro.
Xavier ammutolì. Ci pensò su qualche istante, infine prese la sua decisione.
— Aspettami lì. Sto arrivando.
Percorse di corsa ciò che restava del piano che aveva esplorato - senza trovare nulla - e raggiunse le scale. Iniziò la discesa, ma a metà strada incappò in un gruppo di ragazzi e dovette rallentare per non dare nell'occhio. Si sentì colpire una spalla quando gli passarono accanto e d'un tratto tutto divenne buio. Il tempo si dilatò e il sangue iniziò a bruciare nelle sue vene. Sentì il potere fatato ribellarsi a qualcosa di estraneo, di pericoloso. Poi... tutto tornò alla normalità.
Ansimante, si girò a guardare chi l'avesse toccato, ma il gruppetto era già sparito. Terminò di scendere gli scalini e si appoggiò al davanzale di una finestra. Sentiva ancora la pelle formicolare. Riprese il cellulare e scrisse un messaggio, che inviò a due destinatari diversi.
Lo Strygak è qui.

— E questo è l'ultimo laboratorio.
Richard e Jenna avevano ormai terminato l'esplorazione del piano. Il ragazzo stava per esporre la funzione dell'ultima stanza.
— È un po' in disuso da quando è stato sciolto il Club di teatro. Veniva usato per creare i bozzetti e i costumi di scena.
— Che peccato. Uno spettacolo creato in un'Accademia di artisti deve essere degno di nota.
Richard annuì, ma la sua espressione s'intristì un po'.
— L'ultimo copione ha riscosso un discreto successo. Ma dopo l'incidente tutti hanno preferito dimenticare o pensare ad altro.
— Incidente?
— Una ragazza, Anita, è morta in scena. Una delle impalcature non ha retto e le è crollata addosso.
— Una tragedia — commentò Jenna con tatto. — La conoscevi?
— È stata una delle prime persone che ho incontrato.
— Mi dispiace.
Lui si strinse nelle spalle. — Il passato è passato — disse. — Quello che non capisco è perché nessuno voglia parlarne.
— In che senso?
— Ogni volta che tiro fuori l'argomento, le persone si allontanano o iniziano a parlare d'altro. È strano...
Jenna si fece attenta. — In che modo cambiano argomento? Sono imbarazzati? O semplicemente noncuranti?
— Perché me lo chiedi?
— Perché posso aiutarti.
Richard la guardò con un misto di confusione, sorpresa e gratitudine.
— Diventano distanti, freddi. Come se pensassero ad altro o...
— Come se fossero sotto ipnosi.
— Sì, esatto — confermò lui. — Il che sembra assolutamente folle.
Jenna ridacchiò. — Senza dubbio. Ma sono abituata ad avere a che fare con cose apparentemente senza senso, fidati di me.
Richard incrociò le braccia. — Hai detto che puoi aiutarmi. Come?
— Ci arriveremo. Ma prima, ho bisogno di sapere se questa cosa è accaduta ancora.
Il ragazzo s'incupì. — Sinceramente, non so se raccontartelo. Potresti volermi rinchiudere in una clinica psichiatrica dopo.
Jenna rise, ma lui non sembrò divertito.
— Perché dici questo?
— Perché ci sono cose, persone... che ricordo soltanto io. Persone mai esistite.

— Allora? Dov'è? — chiese Evan accorrendo ansimante.
Aveva raggiunto Xavier il più in fretta possibile dopo aver ricevuto il suo messaggio.
Si guardò intorno.
— Dov'è Jenna?
— Non è ancora arrivata.
— Accidenti, non guarda mai quel dannato cellulare — imprecò Evan. — Il Globo Portatile è nella sua borsa, dobbiamo trovarla.
— Non c'è tempo. Lo Strygak è su questo piano, l'ho sentito.
Evan si bloccò. — Vuol dire...
— Che mi ha toccato, sì.
L'altro sbiancò. — Dobbiamo uscire di qui. Torneremo più tardi.
— Piantala.
— Xavier, non puoi...
— So io cosa posso o non posso fare, Evan. I sintomi dell'avvelenamento inizieranno a manifestarsi fra poco, ma sono in grado di tenerli a bada.
— No, non lo sei. Nessuna fata può sopravvivere al veleno di un Strygak senza l'antidoto.
— Non ho detto di non volere l'antidoto. Ho detto di poter tenere a bada questa cosa finché non avremo terminato la missione.
Evan strinse un pugno. — Sei fuori di testa.
Xavier sorrise senza gioia. — Potrebbe essere la tua occasione per farmi fuori, non lamentarti.
— Gran bella battuta, sto morendo dalle risate.
— Non volevo farti ridere. Voglio che muovi il culo e vieni con me a cercare quello schifo di Strygak.
Evan rimase in silenzio ancora per qualche secondo, infine capitolò.
— D'accordo, andiamo.
— Bravo, ragazzo.
— Chiamami ancora "ragazzo" e ti conficco la mia mezza spada in gola.
Xavier allargò le braccia in segno di resa, poi iniziò a camminare ridacchiando.

— Persone scomparse di cui nessuno ricorda niente a parte te. Fantastico!
Richard sembrò irritarsi. — Non è la reazione che mi aspettavo.
Jenna scosse una mano davanti al viso. — Oh no, non intendevo... — sospirò, interrompendosi. — Diciamo che mi hai dato una grossa mano.
— Io ho dato una mano a te? E come avrei fatto?
— Mi hai confermato che qui dentro si nasconde uno Strygak.
— Un che?
Jenna gli mise una mano sulla spalla. — Non stai impazzendo, Richard. Quello che hai visto è reale, sono gli altri ad essere sotto incantesimo. Il perché non lo sia anche tu è il vero mistero, qui.
— Strygak, incantesimi... Chi cavolo sei tu? Una pazza che guarda troppe serie tv?
La ragazza incrociò le braccia. — La tecnica del "sono pazzo, ma non fa niente perché qualcuno è più pazzo di me" non funziona, ti avverto.
— Stai dicendo cose senza senso! — esclamò lui, piccato.
— Mi hai appena raccontato di aver incontrato persone che per gli altri non esistono! — rispose lei quasi urlando. — Quindi o sei disposto ad ascoltare la mia spiegazione e crederci, oppure puoi anche girare i tacchi.
Richard sembrò indeciso per diverso tempo, ma alla fine cedette.
— E va bene. Tanto peggio di così... Raccontami tutto.

Parte 3
25 Agosto 2017

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