— Quindi, fammi capire, sai che c'è una missione, ma non sai qual è?
Il ragazzo prese a calci un sassolino e mugugnò qualcosa, mentre la giovane dai capelli castani che aveva davanti alzava gli occhi al cielo, esasperata.
— Andiamo, Jenna! Non farmi la paternale. Avevamo un maledetto Hybris alla calcagna, non puoi biasimarmi se non prestavo del tutto attenzione ai messaggi di Brad.
Jenna incrociò le braccia al petto.
— Ricordi almeno il luogo?
Lui si grattò il mento, pensandoci su.
— Evan...
— L'accademia d'Arte nei quartieri nord.
La voce risuonò a pochi passi da loro e i due ragazzi si voltarono di scatto in quella direzione.
— Xavier — salutò Jenna. I suoi occhi verdi si assottigliarono un po', mentre lo squadravano.
— Cosa ci fai qui?
Il nuovo arrivato aveva i capelli nerissimi e occhi azzurro intenso, che s'illuminarono quando sollevò un angolo delle labbra in un mezzo sorriso.
— Mi manda Alexa. Chissà perché, non si fida a lasciarvi da soli.
Jenna fece una smorfia.
— Dilla tutta — lo aggredì Evan.
Xavier scoprì i denti in un ghigno compiaciuto. — Mi hanno detto che la connessione si è interrotta all'improvviso. Brad non era sicuro avessi ricevuto il messaggio.
— Infatti — confermò Jenna.
— Ha detto che si è interrotta? — chiese Evan, sorpreso.
— Vediamo — rispose Xavier. — Di preciso, mi sembra abbia detto: "quell'idiota non ha ascoltato una parola, va' a controllare".
Una vena sulla tempia di Evan pulsò pericolosamente. Si avvicinò a Xavier, fermandosi a un palmo dal suo viso.
— Bene, hai controllato. Ora levati dai piedi.
L'altro fece cenno di no con l'indice.
— Mi dispiace per te, ma sono nella squadra.
— E da quando? — s'intromise Jenna.
— Da ora.
— Non mi piace.
Jenna si guardò alle spalle, controllando che Xavier fosse ancora impegnato con lo zaino, nel quale stava riponendo la sua collezione di coltelli da lancio.
— Lo so, ma non possiamo farci niente.
Evan sospirò, passandosi una mano fra i capelli castani.
— L'ultima missione in cui ci hanno messi insieme è stata piuttosto... movimentata.
— A dir poco — ridacchiò la ragazza.
— Non è divertente — borbottò Evan. — Ho dovuto bere la pozione disgustosa di Alexa per tre settimane.
— O saresti diventato una specie di pixie verde e piuttosto irritabile — precisò Jenna per poi scoppiare a ridere.
— Ti odio quando fai così.
Jenna gli diede un pugno sul braccio. — Non fare lo gnomo!
Evan la guardò in tralice, poi le tirò leggermente la lunga coda di cavallo.
— Senti chi parla. La fata meno aggraziata di Winterland.
— Non sarò aggraziata, ma con l'arco non mi batte nessuno — gli fece la linguaccia lei.
— È un'arma così ingombrante — s'intromise Xavier, avvicinandosi. — Nulla a che vedere con la grazia dei miei coltelli.
— Oh, chiedo scusa! Non volevo certo mettermi a paragone con l'intoccabile erede di Sunwood — lo prese in giro Jenna.
Lui la guardò freddo. — Sono qui per merito delle mie capacità, non per il mio rango nel regno fatato.
La ragazza ammutolì. Doveva ammetterlo, Xavier si era meritato il suo posto nelle squadre d'azione. Che fosse l'erede di una delle famiglie più ricche del Mondo Nascosto era noto a tutti, ma lo era anche la sua abilità in combattimento. Offenderlo in quel modo non era stato gentile, soprattutto visto che era lì per dare una mano.
— Mi dispiace — disse, e lui accettò le scuse con un cenno educato della testa.
Salirono in macchina poco dopo, diretti al luogo che gli era stato indicato dai Capitani.
A quanto pareva, il Globo Alato aveva percepito uno strano flusso di energia che andava e veniva all'interno dell'Accademia d'Arte. Come se qualcosa venisse evocato e subito soppresso. Una tipica missione per le squadre d'azione in servizio nel mondo degli umani.
Jenna militava in esse ormai da cinque anni. Era partita dal Mondo Nascosto un po' per curiosità, un po' per cercare l'avventura. E non poteva certo dire di non averla trovata. Al termine del primo mese in quel mondo a lei sconosciuto, era stata attaccata da un Grott, una creatura metà fata metà vampiro. Una delle più pericolose, tra l'altro.
Un tempo, alle fate era vietato avere rapporti con altre razze. Dopo gli Accordi del Crepuscolo, tuttavia, le regole si erano ammorbidite e i viaggi fra Mondo Nascosto e mondo degli umani erano aumentati a dismisura. E così le razze di mezzosangue nate da rapporti clandestini.
La sera dell'attacco, Jenna aveva compreso profondamente quanto fossero indispensabili le squadre d'azione. Poche razze erano in grado di ereditare e sostenere i poteri di una fata. Molti soccombevano, impazzendo nel tentativo di dominarli, cedendo al loro istinto selvaggio. Proprio come gli Hybris o i Grott.
Il loro compito era arginare gli attacchi di queste creature. Proteggendo gli umani e, allo stesso tempo, impedendo loro di venire a conoscenza del Mondo Nascosto. E di coloro che vivevano mischiandosi tra la folla di anime ignare.
— Cosa sai della missione? — chiese Jenna, seduta al posto del guidatore e concentrata sulla strada.
— Livello di potere 7. Probabile presenza di Strygak.
— Strygak? — chiese Evan. — E da quando si fanno vedere nelle grandi città?
Xavier si strinse nelle spalle. — Suona strano anche a me, ma non vedo altre spiegazioni.
Gli Strygak, metà fate metà stregoni, assorbivano l'energia vitale degli umani. Nel momento in cui veniva trasferita dal corpo della vittima al loro, provocava una forte onda di dispersione che scemava in pochi minuti. Effettivamente, era una spiegazione logica per il fenomeno all'Accademia.
— In tal caso, meglio procurarsi delle fiale di polvere fatata. Non possiamo rischiare di venire posseduti.
— Già fatto — assicurò Xavier dando una pacca sul suo zaino.
L'Accademia si profilò davanti ai loro occhi poco dopo.
Essendo ora di pranzo, la maggior parte degli studenti si era riunita negli enormi giardini della struttura per mangiare in compagnia o anche solo prendere un po' d'aria fresca. Quando i ragazzi passarono in mezzo alla folla per raggiungere l'ingresso, Xavier sembrò piuttosto irritato.
— Che ti prende? — chiese Jenna.
— Odio stare in mezzo alla gente.
— Per forza, con il carattere che ti ritrovi — lo stuzzicò Evan.
L'altro non rispose alla provocazione, chiudendosi la porta alle spalle. Il chiasso si attutì e i tre poterono guardarsi intorno con calma.
— Da dove iniziamo? — chiese Jenna. — Perlustrazione generale oppure tentiamo con il Globo Portatile?
Fece per tirare fuori dalla sua borsa a tracolla ciò di cui parlava, ma Xavier la fermò.
— Non ancora. Se c'è un nemico nell'edificio, potrebbe percepirci.
Jenna richiuse la borsa. Il Globo Portatile era un congegno in grado di captare i flussi di energia, proprio come il Globo Alato, ma in misura ridotta. Inoltre, era direttamente collegato ad esso.
— D'accordo, dividiamoci — propose la ragazza. — Io al piano terra, Evan al secondo, Xavier al terzo.
Gli altri due annuirono.
— Ci vediamo qui tra un'ora.
Esplorando il suo piano, Jenna si rese conto ben presto di essere nella zona laboratori. Ogni stanza sembrava adibita ad un diverso tipo di disegno, ma tutte ospitavano degli enormi cavalletti. Quella che la colpì di più, fu la terza in cui entrò.
Sul fondo, troneggiava la statua candida di quella che avrebbe tranquillamente potuto essere una dea. Perfetta e finemente lavorata, doveva fare da modello per i giovani artisti. Alzando i teli che coprivano i cavalletti, Jenna si accorse di avere ragione. Ne visionò un paio e le piacquero molto: ognuno aveva un suo stile e un suo tratto. Affascinante. Quando fece per alzare il terzo, però, una voce risuonò alle sue spalle.
— Quei teli sono lì per un motivo, sai?
Jenna sobbalzò e rimise a posto la stoffa. Voltandosi, incontrò un paio di occhi grigio-azzurri che la scrutavano curiosi. Il ragazzo doveva avere più o meno la sua età, una ventina d'anni, e portava i capelli castano chiaro piuttosto spettinati, come se una folata di vento li avesse appena investiti.
— Mi dispiace. Non volevo essere invadente.
Lo sconosciuto si fece avanti.
— I pittori si arrabbiano molto se un lavoro viene visionato prima del tempo. Dicono porti sfortuna.
— Spero di non aver scoperto il tuo, allora — tentò di scherzare Jenna.
Il ragazzo le sorrise. — Si dà il caso che io non sia d'accordo con questa visione delle cose. L'arte va condivisa, anche nella sua imperfezione. È così che ci si esprime al meglio.
Si fermò accanto alla tela di fronte Jenna e la scoprì con un gesto attento.
— È il viaggio ad essere importante, non la destinazione — indicò dei tratti semi cancellati sul disegno appena messo in luce. — Vedi? Questo errore racconta molto più di quanto una delle altre linee potrà mai fare. Perché il pittore ha deciso di cambiare? Perché ha stretto la curva invece di allargarla? I dettagli fanno la differenza, durante il cammino.
Accarezzò lievemente la tela, abbassando gli occhi. Jenna non riuscì ad aprire bocca, incantata dalle parole e dal modo di fare del giovane. Fu di nuovo lui a rompere il silenzio.
— Mi chiamo Richard, comunque. Perdona la maleducazione.
— Io sono Jenna. Deduco che studi qui.
Il ragazzo annuì. — Da qualche mese.
— Non mi sembri una matricola.
— Non lo sono. Vengo da Stormwall, a sud. Ho studiato due anni lì.
— Capisco.
Richard aggiustò nuovamente il lenzuolo sul cavalletto.
— Tu invece? Sei nuova?
Jenna fece per scuotere la testa, ma ci ripensò subito. Era una buona occasione per ottenere informazioni.
— Sto valutando la possibilità di iscrivermi.
Lui alzò un sopracciglio. — Sei entrata a curiosare, quindi.
— Da vera ragazzaccia — scherzò Jenna.
Richard rise e le indicò la porta. — Vieni. Ti faccio da guida.
— Con piacere.
Parte 2
30 Luglio 2017
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