— Dove sei stata?
I suoi occhi azzurri mi scrutano con sospetto.
— Ho avuto un imprevisto.
Amens tamburella le dita sul tavolo. La sua espressione è dura, attraversata da rapidi lampi di furia.
— Avresti dovuto mandarmi un messaggio.
— Non ho potuto...
Mi tira a sé all'improvviso, i nostri nasi si sfiorano. Trattengo il respiro.
— Dimmi la verità.
— È... è la verità — mormoro con un filo di voce.
Devo convincerlo e so come fare. Mi lascio andare al demone, divento parte di esso e lascio che sia lui a parlare attraverso i miei occhi, ora neri come pece.
— È la verità — mi sento ripetere.
Non sono io, ma le parole sono le stesse. Il demone ha mentito.
Amens mi lascia andare. Io crollo in avanti, aggrappandomi al tavolo. Come ho potuto accettare tutto questo fino ad ora? Come ho potuto piegare così la mia volontà? Conosco la risposta, ma non le permetto di venire a galla. So come far mentire il demone per me ormai, devo solo riuscire a mentire a me stessa.
Non lo amo. È solo un'ombra. Ripeterlo non mi aiuta.
— Hai portato a termine la missione?
Mi scruta sereno, come se reputasse impossibile un mio diniego. Annuisco.
Amens sorride. Non è il sorriso falso e terribile che ci si aspetta da uno come lui. I suoi occhi si illuminano come stelle e per un breve istante non sembrano più pozzi di profonda oscurità.
È di questo che sono innamorata: dei minuscoli frammenti di luce nascosti dentro di lui, così piccoli e fragili da poter essere scambiati per meri riflessi.
Gli sorrido anche io e lui mi sfiora fugacemente il viso.
— Sei libera adesso.
Buffo. È la stessa cosa che mi sono ripetuta io quando ho vinto il demone e salvato mia sorella dalla sua furia. Libera. Tranne che da me stessa.
Amens mi fa cenno di seguirlo e si avvia verso l'altra stanza. Mi dà le spalle. Sarebbe così semplice ucciderlo adesso, completamente inerme. Ma il demone mi scuote. Non è inerme. Amens non lo è mai. Lo osservo meglio. Ha una mano in tasca e stringe qualcosa. Mi sta mettendo alla prova, ancora una volta. Dopo tutto il tempo passato insieme.
Se vuoi sopravvivere, non devi fidarti di nessuno.
Si siede davanti al camino scoppiettante e io faccio lo stesso. Mi concentro sulle fiamme mentre percepisco il suo sguardo addosso.
— Come ti senti?
Mi coglie di sorpresa.
— Cosa...?
— Ad aver tagliato i legami con il passato.
Sospiro, ma non rispondo. Aspetto un commento che mi spinga a parlare, invece Amens allunga un braccio e mi attira a sé, poggiando il mento sulla mia testa.
— Non lo so... — sussurro finalmente.
Tra le sue braccia mi sento completa, come se il demone prendesse del tutto possesso di me e inibisse la mia coscienza.
— Io credo di sì, invece — mormora spostando le labbra vicino al mio orecchio.
Poi mi alza un po' il viso e posa la bocca sulla mia. Un bacio lungo un'eternità, leggero come un soffio di vento.
Quando ci separiamo, ho bisogno di qualche istante per ricordare tutto. Non sono tornata per restare, sono tornata per uccidere. Un'ultima volta.
Mi guardo le mani. Tremano. Le nascondo perché non se ne accorga, ma so che non funzionerà. Non si può nascondere la paura al suo legittimo padrone.
— È quello che volevi — mi dice.
Io lo guardo interrogativa.
— Quando hai deciso di seguirmi. Desideravi la libertà, l'ho sentito. Per questo il mio potere ti ha attirata.
Chiudo gli occhi ricordando quel giorno: la sensazione al tempo stesso gelida e bollente del demone che penetra in ogni fibra del mio corpo. L'ho desiderato con tutta me stessa, persino ora sento lo stesso bisogno. Non è il demone. Sono io.
— Volevo scoprire chi sono davvero.
Amens solleva un angolo delle labbra e annuisce. Mi stupisco ancora di come quel viso possa suscitare al tempo stesso puro terrore e fascino.
— E l'hai scoperto?
— Credevo che la libertà fosse diversa, che lo fossi io.
— La libertà ha molte facce. — Mi sento sfiorare il collo, delicatamente mi percorre la pelle con la punta delle dita. — Alcune spaventose, altre rassicuranti. — Mi passa il pollice sulle labbra. — Ma la verità è che sei tu a scegliere quella che fa per te.
Mi bacia con foga, facendomi ansimare.
— Forse tu... sei destinata al pericolo.
Sento la pelle in fiamme, ovunque lui passi le dita.
— Zaffiro... — la sua voce è un sussurro. — Dimmi che resterai con me.
Incrocio i suoi occhi, anche se so che non dovrei. È così che mi sono persa la prima volta, nell'unico orizzonte dei miei sogni più oscuri e meravigliosi. Ed è così che mi perderò per il resto della mia vita. Perché una volta conosciuto il crepuscolo, non c'è alba che possa salvarti.
— Sono tua. Per sempre.
Amens sorride brevemente e si china per baciarmi di nuovo. Se devo ucciderlo, se devo rinunciare a tutto questo, che mi faccia sua un'ultima volta. Chiudo gli occhi, ma capisco presto che il suo tocco non giungerà. Socchiudo le palpebre e nel contrasto di luci fra le ciglia scorgo la sua espressione. Mi ridesto, mentre una piuma nera fluttua dolcemente sulle mie gambe.
Un corvo. Il messaggero dei mercenari.
— Viene da Alveim.
Sento un brivido. Conosco quel posto, nasconde un covo di assassini sotto la città.
— Cosa dice?
— Dorhan vuole parlarmi.
— È quel tizio con un solo occhio o sbaglio?
— Proprio lui.
Aggrotto la fronte.
— Non mi piace.
— Dorhan non piace a nessuno — sogghigna lui. — Ma non è conveniente rifiutare un suo invito. Ha un rete di contatti piuttosto ampia, inimicarselo porterebbe guai grossi.
Mi tira delicatamente una ciocca di capelli.
— E poi ad Alveim non c'è quell'erborista che ti piace tanto?
Sbuffo, scuotendo la testa. Ma Amens si è già alzato.
— Vado a preparare le borse.
Lo guardo allontanarsi e mi chiedo cosa dovrei fare. Sarebbe l'occasione giusta per fuggire e non tornare mai più, l'occasione per lasciarmi tutto alle spalle. Ma ho fatto una promessa. A me stessa, alla minuscola parte di luce che è rimasta nel mio cuore, sopita in un letargo da cui ho timore non riesca più a destarsi.
Come posso credere di risvegliare la luce attraverso l'oscurità?
Amens torna dopo diverso tempo e mi trova ancora seduta davanti al camino. I miei occhi sono fissi sulle fiamme da così tanto tempo che ormai vedo solo cerchietti di luce.
— Che cosa fai?
Scuoto un po' la testa, cercando di ritrovare la vista.
— Niente. Pensavo.
Si piega sulle ginocchia per raggiungere la mia altezza. I suoi occhi blu mi scrutano seri, riesco a sentire il profumo dolce e selvaggio del pericolo che emana tutto il suo essere. Mi prende per un braccio e mi tira su.
— Dobbiamo andare — dice soltanto.
Ubbidisco, radunando le mie cose. Sono pronta in pochi istanti.
Amens mi aspetta sulla porta. Sulle spalle ha il mantello che indossava al nostro primo incontro. Sento una fitta al cuore. Può essere così crudele, il destino?
— Zaffiro.
Mi fermo sulla soglia. Allungo la mano per prendere ciò che mi sta porgendo.
— Voglio che la tenga tu.
Sento le lacrime riempirmi gli occhi. Alzo il cappuccio del mantello per coprirmi il viso e mi chiudo la porta alle spalle. Lo guardo, il regalo di Amens. Una minuscola chiave dorata.
Sento la gola chiudersi. È così che ci sente quando si è felici? Allora perché vorrei soltanto nascondermi e piangere fino a perdere le forze?
Ho tutto ciò che desidero, ma è tutto ciò che di sbagliato potrei desiderare.
Quale sarà la mia punizione?
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