Il mistero di Lanterville ~ Cap.11


— RAVEN, NO!
La voce di Thalia risuonò così forte da echeggiare tutto intorno. Ma nessuno le prestò attenzione.
Non lo fece Amros che, dopo l'attacco ricevuto, stava tentando di rialzarsi in piedi con fatica. Né Yvonne che ora correva verso Raven, pallida in viso e terrorizzata. Non lo fecero Leon e Jared che si fronteggiavano girando in tondo, l'uno con uno sguardo privo d'umanità, l'altro pieno di una rabbia cieca e devastante.
E non lo fece Darren. Chino su Raven, stava tentando di tamponare la ferita, ma il sangue continuava ad uscire copioso, tanto che ormai le sue mani ne erano impregnate e gocciolanti. La ragazza respirava affannosamente, lo sguardo velato di stanchezza e dolore.
— Non osare... — le intimò Darren, faticando a mantenere la voce ferma. — Non provarci, Rav. Non provare a morire.
Raven sorrise lievemente, le labbra sporche di sangue. Provò a dire qualcosa, ma riuscì solo a rantolare. Completamente sconvolto, l'arciere lasciò perdere la ferita e le accarezzò il viso, macchiandolo di sangue. Poi poggiò la fronte sulla sua.
— Ti supplico, non lasciarmi. Non posso perdervi entrambi, non posso... Per favore... — la sua voce si ruppe, mentre scoppiava in un pianto disperato.
Raven lo guardò crollare in silenzio. Il ragazzo-lupo selvaggio e coraggioso. Ribelle, come il vento impetuoso del nord. L'arciere senza paura... stava cadendo in pezzi.
Facendo appello alle ultime forze rimaste, gli sfiorò una mano e aspettò che posasse gli occhi su di lei. Quando lo fece, ad un soffio dal suo viso, prese un lungo e faticoso respiro.
— Proteggilo... — mormorò. — E digli...
Chiuse gli occhi un istante, provata dal dolore. 
— Digli che lo perdono.
Poi, lentamente, si abbandonò fra le braccia di Darren. Lui la scosse con forza, invocando il suo nome più e più volte, finché non si arrese, posando la testa sul suo petto e urlando con tutto il fiato.
Fu in quel momento che Yvonne si gettò in ginocchio al suo fianco e iniziò ad accarezzare delicatamente i capelli rossi di Raven. Il suo respiro era accelerato dai singhiozzi e non riusciva a smettere di tremare. Strappando un pezzo di stoffa dai suoi vestiti, le pulì il viso dal sangue.
— Mi sei mancata... — sussurrò sorridendo fra le lacrime. — Ricordi la nostra casa a Hever? Le nostre tazze gemelle, comprate da quel mercante di cianfrusaglie? Le ho conservate. Sapevo che un giorno ci saremmo riviste e che avremmo bevuto del tè, davanti ad una grande finestra. Proprio come allora.
Yvonne si stropicciò gli occhi appannati.
— Ti ho aspettata, per tutto questo tempo. Non c'era nessun altro che volessi accanto, nessuno che mi conoscesse abbastanza da capire chi fossi davvero. Sei stata la mia speranza. Dal primo giorno che ti ho incontrata. Tu mi hai salvata. E io...
Il sorriso le morì sulle labbra, mentre passava le dita sulle palpebre chiuse di Raven.
— Io ti ho uccisa.
Fu sul punto di dire qualcos'altro, forse, ma un movimento improvviso le bloccò le parole in gola.
— Hai ragione...
La voce di Darren era bassa e ringhiante, così cupa e piena di rabbia da suonare terrificante.
— L'hai uccisa. È colpa tua.
Si alzò lentamente, raddrizzando la schiena. Gli occhi scintillavano di un rosso intenso e vibrante, i canini avevano iniziato a sporgere. Si avventò su di lei come un predatore, pronto a dilaniarla, ma... Non riuscì a toccarla.
Thalia, comparsa al loro fianco, reggeva alto sulla testa il suo bastone magico, scintillante di energia. Dietro di lei, Jared teneva d'occhio il corpo privo di sensi di Leon.
— Allontanatevi — ordinò la maga.
I due ragazzi obbedirono all'istante.
La bionda si chinò su Raven e iniziò a invocare ogni tipo di incantesimo le venisse in mente. La videro posare le dita sulla ferita, poi sulla fronte dell'amica, infine sul petto. Ma più il tempo passava, più il suo viso perdeva colore e le sue mani sicurezza.
— Thal? — chiamò Darren.
Lei non rispose, lavorando quasi con rabbia.
— Andiamo — continuava a ripetere. — Andiamo, apri gli occhi.
Non ci volle molto perché fosse chiaro a tutti che non avrebbe raggiunto alcun risultato. Quando si arrese, nessuno ebbe il coraggio di proferire parola. Nessuno, tranne Freija.
Dopo il tentativo di Amros di farle possedere il corpo di Raven, era rimasta in disparte, forse per evitare di cadere vittima di altri incanti.
— C'è qualcosa di strano — dichiarò fluttuando attorno alla ragazza a terra.
— Che cosa intendi? — chiese Thalia.
— È morta — disse Freija, e quella parola ebbe il potere di far trasalire tutti, nonostante l'avessero capito da un pezzo. — Ma non è qui.
— Hai intenzione di prenderci in giro? — ringhiò Darren.
— Sta' calmo, ragazzo — rispose la donna. — Intendo dire che il suo spirito non è qui.
— Sarà passato oltre — intervenne Thalia, non senza fatica.
— Riesci a vedermi, maga?
— Sì, ma...
— Allora dovresti riuscire a vedere anche lei. Questo posto incatena gli spiriti. Nessuno di essi è libero di attraversare le realtà e scegliere di reincarnarsi finché l'albero è in questo stato.
Yvonne si fece avanti. — Madre, stai dicendo che... che è possibile...?
Freija la guardò addolorata. — No, figlia mia. Non puoi salvarla.
— Ma l'altro ragazzo, Amros è riuscito a riportarlo indietro!
— Prima che il suo spirito si allontanasse per sempre. E incatenandolo ad un altro, perché fosse stabile.
Tutti si voltarono verso lo stregone, che li aveva appena raggiunti.
— Tu! — sibilò Darren scoprendo i denti, pronto a saltargli addosso.
Amros alzò le mani in segno di resa. — Non combatterò. Non più. Ora che Raven è morta, Freija è perduta. Non c'è più niente da fare.
— Ed è questo che ti preoccupa? Non avere più il tuo recipiente? — gridò il ragazzo, balzando in avanti e iniziando a prenderlo a pugni.
Nessuno si mosse. Persino Amros non reagì, lasciando che Darren si sfogasse. Quando non ebbe più le forze per continuare e si lasciò cadere a terra, lo stregone si passò una mano sul viso tumefatto.
— Me lo merito...
— No — ringhiò Darren. — Non meriti questo. Meriti la polvere del terreno. Meriti di prendere il posto di Raven.
Amros lo guardò. — Volevo salvare la mia famiglia. Nient'altro. Ho sempre voluto solo questo.
— Raven era la mia famiglia, razza di bastardo!
Il ragazzo sbatté un pugno a terra, rabbioso. Thalia gli si avvicinò, ma lui la scansò.
— Aiutali — disse Freija allo stregone. — Trova lo spirito della ragazza. Liberalo.
— No! — reagì Darren.
— Aspetta, Ren... — lo frenò Thalia. — Potremmo aver bisogno di lui.
— Hai visto che cosa ha fatto a Leon? Questo bastardo porta soltanto morte!
La maga puntò gli occhi sullo stregone, che non attese la sua domanda.
—Il vostro amico è molto sensibile alla magia ora che contiene uno spirito. La vicinanza con l'albero deve aver attivato una reazione violenta dell'anima che lo possiede.
— Se non mi avessi attaccato, non sarebbe successo — lo aggredì Darren.
— Ti sbagli. Non sono stato io a farlo. Sarebbe accaduto comunque.
— Era una menzogna? — chiese Thalia. — Tutta quella storia di utilizzare il potere dell'albero per stabilizzare il flusso della sua energia?
— No. È davvero possibile.
— Allora fallo.
Amros scosse la testa. — Non adesso. Ho consumato troppo potere, ho bisogno di ricaricarmi.
— Se stai ancora mentendo...
— È la verità — disse Freija avvicinandosi. — Posso sentire quando mente. L'aura vibra in modo diverso — spiegò. — Vi aiuterà.
— E Raven? — chiese Thalia.
— Mi occuperò anche di questo — rispose lo stregone. — Ho bisogno dei miei libri. Dobbiamo tornare alla torre.

Fu Thalia ad occuparsi del trasporto di Raven e Leon. Li fece fluttuare entrambi grazie alla magia, in modo da poterli muovere con facilità. Una volta all'interno della torre, adagiò il ragazzo nella stanza di Amros e Raven in quella di Yvonne. Alla giovane, inoltre, applicò un incantesimo che mantenesse attive le funzioni vitali, anche se ormai non aveva più alcuna coscienza.
— Consumerai energia inutilmente — le disse Freija.
La maga scosse la testa. — Non importa.
Lo spirito le accarezzò un braccio, nonostante sapesse che non poteva percepirla.
— Leggende antiche parlano di anime che scelgono di reincarnarsi subito, così da poter incontrare ancora le persone che amano. Non disperare. Forse la rivedrai.
Finalmente Thalia riuscì a liberare le sue lacrime. Lo fece compostamente, ritta in piedi, davanti al letto di morte della sua amica.
In una stanza poco lontano, Darren sedeva accanto al giaciglio di Leon, la testa poggiata sulle dita intrecciate. Continuava a battere un tallone a terra, cercando di scaricare la rabbia e l'impazienza. Ora che Raven era morta, c'era una sola cosa di cui era sicuro: non avrebbe perso anche lui. Con o senza coscienza, amico o nemico che si fosse rivelato, l'avrebbe salvato. Lo giurò a se stesso, e continuò a ripeterlo in un grido silenzioso che gli rimbombò in testa, finché il corpo dell'amico ebbe un fremito.
Prima mosse le dita, poi un braccio, infine si portò una mano al volto, con un lieve lamento. Darren si preparò a reagire ad un attacco, ma quando l'altro lo guardò...
— Che cos'è successo? — mormorò Leon.
I suoi occhi erano chiari e scintillanti come un oceano dorato.
L'arciere sentì i muscoli rilassarsi. Gli posò una mano sul braccio e strinse la presa, quasi per avere la prova tangibile che fosse davvero lì. Davvero lui.
— Darren...?
— Come ti senti?
— Io... Mi scoppia la testa, ma a parte questo sto bene.
L'amico annuì.
— Avete fermato Amros?
— Sì.
— E l'incantesimo?
— Non è riuscito. Dovremo riprovarci.
Leon aggrottò la fronte. — Che sta succedendo? Sei strano.
— Va tutto bene.
— Dove sono Thalia e Raven?
— Sono... nella stanza in fondo al corridoio.
Darren scattò quando l'amico fece per alzarsi. — Dove credi di andare?
— Sto bene. Voglio sgranchirmi le gambe.
— Non se ne parla.
Leon reagì velocemente, spingendo indietro l'amico e schiacciandolo a terra.
— Maledizione, Darren! Cosa mi stai nascondendo? — urlò impedendogli di alzarsi.
L'altro si divincolò senza riuscire a liberarsi. — Togliti.
— Smettila di fare l'idiota e...
— Non posso farlo! — gridò l'arciere. — Non posso dirtelo! Non ce la faccio!
Leon lasciò la presa, indietreggiando a bocca aperta. La paura iniziò a farsi strada in lui. — Cos'è che non puoi dirmi...? — chiese piano, temendo la risposta.
Darren distolse lo sguardo e i suoi occhi lucidi indussero Leon a scattare in piedi e correre fuori. Seguì il corridoio, fino ad arrivare all'ultima stanza. Si fermò sulla soglia, incerto sul proseguire o meno. Incerto sul voler scoprire la verità che stava distruggendo l'amico.
Poi avanzò.
La prima cosa che notò fu l'assenza di Thalia. La maga doveva essere scesa al piano di sotto, ma non ebbe modo di pensarci. I suoi occhi si fermarono sull'unica persona presente nella stanza, sdraiata immobile sul letto. Si avvicinò lentamente e notò che il corpo della ragazza era circondato da una nebbiolina rossa.
— Raven? — chiamò piano, piegando le ginocchia per raggiungere la sua altezza.
Posò una mano sulla fronte della ragazza. Era calda.
— Rav? — chiamò ancora.
Seguì il profilo del suo viso, aggiustandole una ciocca ribelle di capelli. Poi cercò la sua mano. Le sfiorò le dita, il polso...
Indietreggiò di scatto, perdendo l'equilibrio. Scosse la testa, aggrappandosi al lenzuolo.
— Non può essere...
Le immagini iniziarono a susseguirsi nella sua testa. L'attacco di Amros, il buio. Un'oscurità gelida e pesante. Poi una carezza calda, due occhi nocciola, la voce di Raven che lo chiamava.
Guardami.
Fu come rivivere la scena una seconda volta. Le lacrime, il suo sorriso, il suo profumo. E l'ultimo bacio.
 — No...
Leon sentì un dolore così intenso da fargli pensare che l'avessero trafitto dritto al cuore. Il respiro divenne ansimante e tutto il corpo prese a tremare, mentre non vedeva altro che sangue. La sua spada che trapassava Raven da parte a parte. Il suo corpo che cadeva a terra.
Una mano si posò gentilmente sulla sua spalla. Leon ebbe appena la forza di girarsi a guardare.
— L'ho uccisa — mormorò scioccato.
Darren scosse la testa. — No. Non eri tu.
— Ren, io... Che cosa ho fatto? Che cosa...?
Iniziò ad ansimare sempre più forte, senza riuscire a riempire i polmoni. L'arciere lo scosse, lo colpì persino con un pugno, ma niente riuscì a placarlo. Così l'abbracciò. Leon posò la testa sulla spalla dell'amico e iniziò a singhiozzare, aggrappandosi alla stoffa dei suoi vestiti. Non riusciva a fare altro. A pensare. A muoversi. A respirare.
Tutta la sua vita, tutto ciò in cui credeva, qualsiasi cosa l'avesse portato fin lì... era svanita. Non c'era più alcuna luce, né cause per cui combattere. 
Raven era morta. E l'aveva uccisa lui.

Capitolo 12
prossimamente

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