— RAVEN,
NO!
La voce
di Thalia risuonò così forte da echeggiare tutto intorno. Ma nessuno le prestò
attenzione.
Non lo
fece Amros che, dopo l'attacco ricevuto, stava tentando di rialzarsi in piedi
con fatica. Né Yvonne che ora correva verso Raven, pallida in viso e
terrorizzata. Non lo fecero Leon e Jared che si fronteggiavano girando in
tondo, l'uno con uno sguardo privo d'umanità, l'altro pieno di una rabbia cieca
e devastante.
E non lo
fece Darren. Chino su Raven, stava tentando di tamponare la ferita, ma il
sangue continuava ad uscire copioso, tanto che ormai le sue mani ne erano
impregnate e gocciolanti. La ragazza respirava affannosamente, lo sguardo
velato di stanchezza e dolore.
— Non
osare... — le intimò Darren, faticando a mantenere la voce ferma. — Non provarci,
Rav. Non provare a morire.
Raven
sorrise lievemente, le labbra sporche di sangue. Provò a dire qualcosa, ma
riuscì solo a rantolare. Completamente
sconvolto, l'arciere lasciò perdere la ferita e le accarezzò il viso, macchiandolo di sangue. Poi poggiò la fronte sulla sua.
— Ti
supplico, non lasciarmi. Non posso perdervi entrambi, non posso... Per
favore... — la sua voce si ruppe, mentre scoppiava in un pianto disperato.
Raven lo
guardò crollare in silenzio. Il ragazzo-lupo selvaggio e coraggioso. Ribelle,
come il vento impetuoso del nord. L'arciere senza paura... stava cadendo in
pezzi.
Facendo
appello alle ultime forze rimaste, gli sfiorò una mano e aspettò che posasse
gli occhi su di lei. Quando lo fece, ad un soffio dal suo viso, prese un lungo
e faticoso respiro.
—
Proteggilo... — mormorò. — E digli...
Chiuse
gli occhi un istante, provata dal dolore.
— Digli
che lo perdono.
Poi,
lentamente, si abbandonò fra le braccia di Darren. Lui la scosse con forza,
invocando il suo nome più e più volte, finché non si arrese, posando la testa
sul suo petto e urlando con tutto il fiato.
Fu in
quel momento che Yvonne si gettò in ginocchio al suo fianco e iniziò ad
accarezzare delicatamente i capelli rossi di Raven. Il suo respiro era
accelerato dai singhiozzi e non riusciva a smettere di tremare. Strappando un
pezzo di stoffa dai suoi vestiti, le pulì il viso dal sangue.
— Mi sei
mancata... — sussurrò sorridendo fra le lacrime. — Ricordi la nostra casa a
Hever? Le nostre tazze gemelle, comprate da quel mercante di cianfrusaglie? Le
ho conservate. Sapevo che un giorno ci saremmo riviste e che avremmo bevuto del
tè, davanti ad una grande finestra. Proprio come allora.
Yvonne
si stropicciò gli occhi appannati.
— Ti ho
aspettata, per tutto questo tempo. Non c'era nessun altro che volessi accanto,
nessuno che mi conoscesse abbastanza da capire chi fossi davvero. Sei stata la
mia speranza. Dal primo giorno che ti ho incontrata. Tu mi hai salvata. E io...
Il
sorriso le morì sulle labbra, mentre passava le dita sulle palpebre chiuse di
Raven.
— Io ti
ho uccisa.
Fu sul
punto di dire qualcos'altro, forse, ma un movimento improvviso le bloccò le
parole in gola.
— Hai
ragione...
La voce
di Darren era bassa e ringhiante, così cupa e piena di rabbia da suonare
terrificante.
— L'hai
uccisa. È colpa tua.
Si alzò lentamente, raddrizzando la schiena. Gli occhi scintillavano di un
rosso intenso e vibrante, i canini avevano iniziato a sporgere. Si avventò su
di lei come un predatore, pronto a dilaniarla, ma... Non riuscì a toccarla.
Thalia,
comparsa al loro fianco, reggeva alto sulla testa il suo bastone magico,
scintillante di energia. Dietro di lei, Jared teneva d'occhio il corpo privo di
sensi di Leon.
—
Allontanatevi — ordinò la maga.
I due ragazzi
obbedirono all'istante.
La
bionda si chinò su Raven e iniziò a invocare ogni tipo di incantesimo le
venisse in mente. La videro posare le dita sulla ferita, poi sulla fronte
dell'amica, infine sul petto. Ma più il tempo passava, più il suo viso perdeva
colore e le sue mani sicurezza.
— Thal? —
chiamò Darren.
Lei non
rispose, lavorando quasi con rabbia.
—
Andiamo — continuava a ripetere. — Andiamo, apri gli occhi.
Non ci
volle molto perché fosse chiaro a tutti che non avrebbe raggiunto alcun
risultato. Quando si arrese, nessuno ebbe il coraggio di proferire parola.
Nessuno, tranne Freija.
Dopo il
tentativo di Amros di farle possedere il corpo di Raven, era rimasta in disparte,
forse per evitare di cadere vittima di altri incanti.
— C'è
qualcosa di strano — dichiarò fluttuando attorno alla ragazza a terra.
— Che
cosa intendi? — chiese Thalia.
— È
morta — disse Freija, e quella parola ebbe il potere di far trasalire tutti,
nonostante l'avessero capito da un pezzo. — Ma non è qui.
— Hai
intenzione di prenderci in giro? — ringhiò Darren.
— Sta'
calmo, ragazzo — rispose la donna. — Intendo dire che il suo spirito non è qui.
— Sarà
passato oltre — intervenne Thalia, non senza fatica.
— Riesci
a vedermi, maga?
— Sì,
ma...
— Allora
dovresti riuscire a vedere anche lei. Questo posto incatena gli spiriti.
Nessuno di essi è libero di attraversare le realtà e scegliere di reincarnarsi
finché l'albero è in questo stato.
Yvonne
si fece avanti. — Madre, stai dicendo che... che è possibile...?
Freija
la guardò addolorata. — No, figlia mia. Non puoi salvarla.
— Ma
l'altro ragazzo, Amros è riuscito a riportarlo indietro!
— Prima
che il suo spirito si allontanasse per sempre. E incatenandolo ad un altro,
perché fosse stabile.
Tutti si
voltarono verso lo stregone, che li aveva appena raggiunti.
— Tu! —
sibilò Darren scoprendo i denti, pronto a saltargli addosso.
Amros
alzò le mani in segno di resa. — Non combatterò. Non più. Ora che Raven è
morta, Freija è perduta. Non c'è più niente da fare.
— Ed è
questo che ti preoccupa? Non avere più il tuo recipiente? — gridò il ragazzo,
balzando in avanti e iniziando a prenderlo a pugni.
Nessuno
si mosse. Persino Amros non reagì, lasciando che Darren si sfogasse. Quando non
ebbe più le forze per continuare e si lasciò cadere a terra, lo stregone si
passò una mano sul viso tumefatto.
— Me lo
merito...
— No —
ringhiò Darren. — Non meriti questo. Meriti la polvere del terreno. Meriti di
prendere il posto di Raven.
Amros lo
guardò. — Volevo salvare la mia famiglia. Nient'altro. Ho sempre voluto solo
questo.
— Raven era la mia famiglia, razza di bastardo!
Il
ragazzo sbatté un pugno a terra, rabbioso. Thalia gli si avvicinò, ma lui la
scansò.
—
Aiutali — disse Freija allo stregone. — Trova lo spirito della ragazza.
Liberalo.
— No! —
reagì Darren.
—
Aspetta, Ren... — lo frenò Thalia. — Potremmo aver bisogno di lui.
— Hai
visto che cosa ha fatto a Leon? Questo bastardo porta soltanto morte!
La maga puntò
gli occhi sullo stregone, che non attese la sua domanda.
—Il
vostro amico è molto sensibile alla magia ora che contiene uno spirito. La
vicinanza con l'albero deve aver attivato una reazione violenta dell'anima che
lo possiede.
— Se non
mi avessi attaccato, non sarebbe successo — lo aggredì Darren.
— Ti
sbagli. Non sono stato io a farlo. Sarebbe accaduto comunque.
— Era
una menzogna? — chiese Thalia. — Tutta quella storia di utilizzare il potere
dell'albero per stabilizzare il flusso della sua energia?
— No. È
davvero possibile.
— Allora
fallo.
Amros
scosse la testa. — Non adesso. Ho consumato troppo potere, ho bisogno di
ricaricarmi.
— Se
stai ancora mentendo...
— È la
verità — disse Freija avvicinandosi. — Posso sentire quando mente. L'aura vibra
in modo diverso — spiegò. — Vi aiuterà.
— E
Raven? — chiese Thalia.
— Mi
occuperò anche di questo — rispose lo stregone. — Ho bisogno dei miei libri.
Dobbiamo tornare alla torre.
Fu
Thalia ad occuparsi del trasporto di Raven e Leon. Li fece fluttuare entrambi
grazie alla magia, in modo da poterli muovere con facilità. Una volta
all'interno della torre, adagiò il ragazzo nella stanza di Amros e Raven in
quella di Yvonne. Alla giovane, inoltre, applicò un incantesimo che mantenesse attive
le funzioni vitali, anche se ormai non aveva più alcuna coscienza.
—
Consumerai energia inutilmente — le disse Freija.
La maga
scosse la testa. — Non importa.
Lo
spirito le accarezzò un braccio, nonostante sapesse che non poteva percepirla.
—
Leggende antiche parlano di anime che scelgono di reincarnarsi subito, così da
poter incontrare ancora le persone che amano. Non disperare. Forse la rivedrai.
Finalmente
Thalia riuscì a liberare le sue lacrime. Lo fece compostamente, ritta in piedi,
davanti al letto di morte della sua amica.
In una
stanza poco lontano, Darren sedeva accanto al giaciglio di Leon, la testa
poggiata sulle dita intrecciate. Continuava a battere un tallone a terra,
cercando di scaricare la rabbia e l'impazienza. Ora che Raven era morta, c'era
una sola cosa di cui era sicuro: non avrebbe perso anche lui. Con o senza
coscienza, amico o nemico che si fosse rivelato, l'avrebbe salvato. Lo giurò a
se stesso, e continuò a ripeterlo in un grido silenzioso che gli rimbombò in
testa, finché il corpo dell'amico ebbe un fremito.
Prima
mosse le dita, poi un braccio, infine si portò una mano al volto, con un lieve
lamento. Darren si preparò a reagire ad un attacco, ma quando l'altro lo
guardò...
— Che
cos'è successo? — mormorò Leon.
I suoi
occhi erano chiari e scintillanti come un oceano dorato.
L'arciere
sentì i muscoli rilassarsi. Gli posò una mano sul braccio e strinse la presa,
quasi per avere la prova tangibile che fosse davvero lì. Davvero lui.
—
Darren...?
— Come
ti senti?
— Io...
Mi scoppia la testa, ma a parte questo sto bene.
L'amico
annuì.
— Avete
fermato Amros?
— Sì.
— E
l'incantesimo?
— Non è
riuscito. Dovremo riprovarci.
Leon
aggrottò la fronte. — Che sta succedendo? Sei strano.
— Va
tutto bene.
— Dove
sono Thalia e Raven?
—
Sono... nella stanza in fondo al corridoio.
Darren
scattò quando l'amico fece per alzarsi. — Dove credi di andare?
— Sto
bene. Voglio sgranchirmi le gambe.
— Non se
ne parla.
Leon
reagì velocemente, spingendo indietro l'amico e schiacciandolo a terra.
—
Maledizione, Darren! Cosa mi stai nascondendo? — urlò impedendogli di alzarsi.
L'altro
si divincolò senza riuscire a liberarsi. — Togliti.
—
Smettila di fare l'idiota e...
— Non
posso farlo! — gridò l'arciere. — Non posso dirtelo! Non ce la faccio!
Leon
lasciò la presa, indietreggiando a bocca aperta. La paura iniziò a farsi strada
in lui. — Cos'è che non puoi dirmi...? — chiese piano, temendo la risposta.
Darren
distolse lo sguardo e i suoi occhi lucidi indussero Leon a scattare in piedi e
correre fuori. Seguì il corridoio, fino ad arrivare all'ultima stanza. Si fermò
sulla soglia, incerto sul proseguire o meno. Incerto sul voler scoprire la
verità che stava distruggendo l'amico.
Poi
avanzò.
La prima
cosa che notò fu l'assenza di Thalia. La maga doveva essere scesa al piano di
sotto, ma non ebbe modo di pensarci. I suoi occhi si fermarono sull'unica
persona presente nella stanza, sdraiata immobile sul letto. Si avvicinò
lentamente e notò che il corpo della ragazza era circondato da una nebbiolina
rossa.
— Raven?
— chiamò piano, piegando le ginocchia per raggiungere la sua altezza.
Posò una
mano sulla fronte della ragazza. Era calda.
— Rav? —
chiamò ancora.
Seguì il
profilo del suo viso, aggiustandole una ciocca ribelle di capelli. Poi cercò la
sua mano. Le sfiorò le dita, il polso...
Indietreggiò
di scatto, perdendo l'equilibrio. Scosse la testa, aggrappandosi al lenzuolo.
— Non
può essere...
Le
immagini iniziarono a susseguirsi nella sua testa. L'attacco di Amros, il buio.
Un'oscurità gelida e pesante. Poi una carezza calda, due occhi nocciola, la
voce di Raven che lo chiamava.
Guardami.
Fu come
rivivere la scena una seconda volta. Le lacrime, il suo sorriso, il suo
profumo. E l'ultimo bacio.
— No...
Leon
sentì un dolore così intenso da fargli pensare che l'avessero trafitto dritto al
cuore. Il respiro divenne ansimante e tutto il corpo prese a tremare, mentre
non vedeva altro che sangue. La sua spada che trapassava Raven da parte a
parte. Il suo corpo che cadeva a terra.
Una mano
si posò gentilmente sulla sua spalla. Leon ebbe appena la forza di girarsi a guardare.
— L'ho
uccisa — mormorò scioccato.
Darren
scosse la testa. — No. Non eri tu.
— Ren, io... Che cosa ho fatto? Che cosa...?
Iniziò
ad ansimare sempre più forte, senza riuscire a riempire i polmoni. L'arciere lo
scosse, lo colpì persino con un pugno, ma niente riuscì a placarlo. Così
l'abbracciò. Leon
posò la testa sulla spalla dell'amico e iniziò a singhiozzare, aggrappandosi alla
stoffa dei suoi vestiti. Non riusciva a fare altro. A pensare. A muoversi. A respirare.
Tutta la
sua vita, tutto ciò in cui credeva, qualsiasi cosa l'avesse portato fin lì...
era svanita. Non c'era più alcuna luce, né cause per cui combattere.
Raven era
morta. E l'aveva uccisa lui.
Capitolo 12
prossimamente
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