Il mistero di Lanterville ~ Cap.5


— Dev’essere questa.
Raven stava indicando una piccola casa costruita in legno scuro. Leon, al suo fianco, scrutò la fucina, poi guardò nella direzione suggerita dalla ragazza.
— Andiamo a controllare se la locandiera diceva la verità — disse iniziando a camminare.
Giunti sulla porta, bussarono tre volte. Non dovettero attendere molto per avere una risposta. Sulla soglia apparve un ragazzo alto, dai capelli castani che arrivavano sulle spalle e occhi scuri, quasi neri, dalla forma leggermente allungata.
— Buongiorno — salutò. — Avete bisogno di qualcosa?
— Tu sei Jared, il vecchio garzone della locanda? — chiese Leon senza troppe cerimonie.
L’altro aggrottò la fronte, incupendosi. — Chi lo chiede?
— Siamo dell’Accademia di Blackborne — intervenne Raven.
Il giovane alzò le sopracciglia, sorpreso. — Cosa volete da me?
— Soltanto parlare.
Jared chiuse di poco la porta, forse per un gesto istintivo che Leon si affrettò a bloccare con un braccio.
— Non ti faremo niente, siamo qui per aiutare.
— Chiunque potrebbe dire una frase del genere...
— Conoscevi Frejia — lo interruppe Raven.
Jared spalancò gli occhi e lasciò la presa sulla porta.
— Come fai a...?
— Sono un’amica di Yvonne. Mi ha raccontato molto su di te.
Il ragazzo sembrava colpito e la scrutava attentamente.
— Vogliamo aiutarla, ma per farlo abbiamo bisogno di saperne di più. Sei l’unico che può offrirci un quadro completo della situazione. Si trova in guai seri.
— Lo so perfettamente — ammise Jared.
Leon e Raven si guardarono.
— Entrate.

Darren scosse la testa con veemenza.
— Di solito sono io quello delle idee che portano guai — iniziò. — E se proprio io ti dico che non è il caso di fare questa cosa, dovresti prendermi sul serio. Thalia, mi stai ascoltando?
La maga camminava un paio di passi davanti a lui e non sembrava minimamente preoccupata. — Se hai un’altra idea sono tutt’orecchie, altrimenti lasciami fare e sta’ zitto.
Il ragazzo si piazzò davanti a lei impedendole di proseguire.
— Contatta Raven. Avvertila di... questa cosa.
— Mi direbbe di non farlo.
— Appunto!
— Dobbiamo entrare lì dentro. Risolveremo tutto prima che Raven venga a saperlo, fidati di me.
— Inizio a capire soltanto adesso quanto possiate trovarmi fastidioso quando faccio così — sbuffò Darren.
Svoltato l’angolo si trovarono di fronte la torre nella quale erano stati accolti la sera precedente. Thalia bussò finché una donna in divisa non venne ad aprirle.
— Ho bisogno di parlare con la figlia del Governatore — dichiarò.
La donna annuì. — La signorina vi stava aspettando.
Aprì la porta e fece cenno di seguirla. Li condusse in una stanzetta piccola e accogliente, con una scrivania, una libreria e una grande finestra.
— Accomodatevi — li accolse Yvonne.
Quella mattina indossava un lungo abito color perla.
— A cosa devo questa visita? — chiese spostando lo sguardo sulla porta.
— Lei non verrà — la informò Thalia.
Gli occhi chiari di Yvonne ebbero un fremito, ma non vi fu altra reazione da parte sua.
— Venire qui è stata una mia idea — continuò la maga. — Abbiamo bisogno del tuo aiuto per esaminare l’albero. Le guardie all’entrata del giardino non hanno la minima intenzione di lasciarci passare e preferirei evitare di scagliare incantesimi al centro della città.
L'altra annuì. — Sono le sacerdotesse del corpo di guardia. Addestrate alla magia e al combattimento, un’accoppiata letale.
— Immagino, sì — continuò Thalia per nulla colpita. — Il punto non è quanto siano letali, ma quale sia il modo per aggirarle.
— Domanda alla quale pensate di aver trovato una risposta dato che siete qui in questo momento.
La maga curvò le labbra in un sorriso che tuttavia non raggiunse gli occhi azzurri. — Se la figlia del Governatore in persona ci accompagnasse, potremmo avere un’occasione.
— Capisco — rispose Yvonne guardandoli intensamente. I suoi occhi si fermarono più a lungo su Darren, la cui espressione mostrava chiaramente come la pensasse sull’argomento. — Non è stata una decisione unanime, vedo.
Il ragazzo sbuffò. — Avrei di gran lunga preferito mangiare la testa di quelle due ed entrare con la forza.
— E perché non l’hai fatto?
— Perché ho promesso ad un amico che non avrei morso nessuno oggi — ironizzò Darren, per poi guardarla in modo parecchio inquietante. — Anche se sono pronto a fare un’eccezione quando vuoi.
— Non siamo qui per minacciarla — esclamò Thalia.
Il ragazzo tacque, senza smettere di scrutare Yvonne con i suoi intensi occhi rossi.
— Allora, ci aiuterai? — chiese la maga.
Yvonne la guardò per un lungo attimo, poi annuì.
— Lo farò.

— E così hai conosciuto Yvonne prima che tornasse a vivere qui — iniziò Jared prendendo posto al tavolo dopo avervi posato tre boccali di una bevanda calda.
Raven prese tra le mani il suo e si godette il tepore che emanava, annuendo.
— È molto cambiata da allora — continuò lui e il suo sguardo si fece triste. — È come se la vecchia Yve fosse morta, lasciando spazio ad una sconosciuta che muove il suo corpo.
La ragazza sentì una stretta al cuore: era esattamente ciò che aveva provato lei rivedendola.
— Ho cercato di parlarle, ma dopo aver fatto finta di non conoscermi mi ha fatto allontanare.
— Uno strano comportamento visto il vostro legame — asserì Leon.
Jared annuì. — Le ho mandato dei messaggi, senza mai ricevere risposta. Tranne una volta.
Gli altri due si fecero attenti.
— Fu un bambino a portarmi quel pezzettino di pergamena. C’erano scritte soltanto poche parole: “Ti prego, non cercarmi più”.
Leon scoccò uno sguardo a Raven, che aveva abbassato gli occhi nocciola sul boccale. — Sappiamo che dopo la partenza di Yvonne, continuaste a scambiarvi delle lettere. Perché smettesti di contattarla? — chiese.
— Dopo l’esecuzione di Frejia, le sacerdotesse si fecero più attente. Credevano che un evento del genere avrebbe attirato nuovamente Yvonne al villaggio. E sarebbe stato così se non l’avessi convinta a non farlo. La risposta a quell’ultima lettera, però, venne quasi intercettata da una spia. Decisi di non rischiare, distrussi quella e le altre lettere, impedendo a chiunque di venire a conoscenza del luogo in cui Yve si era rifugiata. Smisi di scriverle e funzionò. Le sacerdotesse persero interesse e nessuno la cercò più.
— L’hai fatto per proteggerla... — mormorò Raven. — Ma negli anni successivi lei pensò l’avessi dimenticata.
— Mai! — esclamò il ragazzo con forza. — Yvonne e Frejia portarono la luce in questo villaggio. Erano due brave persone e quelle maledette...
Leon bevve un sorso della sua bevanda. — Mi pare di capire che non hai un buon rapporto con l’Ordine.
Jared scosse la testa.
— Allora perché non lasci la città?
— Stavo per farlo. Avevo racimolato la giusta somma per andarmene finalmente da questo posto. Ma poi, un giorno, l’ho vista entrare dal portone...
Raven annuì. — E di Amros, di suo padre, cosa sai?
— È arrivato qui quattro anni prima di lei. All’inizio passava la sue giornate rinchiuso nella torre a consultare libri, poi un giorno le sacerdotesse hanno dichiarato che sarebbe diventato Governatore. C’era qualcosa di strano sotto, ma nessuno ha mai osato chiedere. C’è troppa magia in questa storia.
— Già, inizio a crederlo anch’io — borbottò Leon.
— E ora che fine ha fatto il Governatore?
Jared si strinse nelle spalle. — Sparito. Qualcuno dice di averlo visto partire cinque giorni dopo la comparsa della nebbia. Non è più tornato.
— Da quanto tempo continua questa storia?
— Con oggi sono cinquanta giorni esatti.

Yvonne guidò il gruppetto fino all’entrata del giardino. Durante il tragitto nessuno disse una parola, ma Darren e Thalia continuarono a lanciarsi occhiate d’intesa, come se da un momento all’altro si aspettassero una brutta sorpresa.
— Buongiorno, sorelle — salutò la giovane.
Le sacerdotesse mascherate batterono le lance a terra in contemporanea, come risposta.
— Questa mattina non sono previste cerimonie al Vidyr, non è vero? — continuò senza ricevere risposta. — In tal caso, chiedo l’accesso al giardino.
— Non è possibile avvicinarsi all’albero — rispose una delle sacerdotesse.
— Per quale motivo?
— Ordini dell’anziana.
Yvonne ridacchiò elegantemente. — È stata l’anziana a concedere a mio padre i poteri da Governatore, e al momento io ne faccio le veci.
Le due donne tacquero.
— È mio diritto entrare, lo sapete bene.
Senza dire una parola, dopo essere rimaste immobili per un tempo piuttosto lungo, le due donne si spostarono, aprendo le porte del giardino. La giovane annuì in ringraziamento ed avanzò, seguita da Darren e Thalia. Quando i ragazzi fecero per varcare la soglia, però, vennero bloccati.
— La figlia del Governatore ha il permesso di entrare. Voi no.
L'arciere non poté impedirsi di sbuffare sonoramente con un sorrisetto di scherno. — Non è una gran mossa, ve l’assicuro... — minacciò a mezza bocca.
Yvonne tornò indietro, scura in volto. — Sorelle, ho convocato questi ragazzi per porre fine all’atmosfera di terrore che grava sulla città. Se non gli permetterete di visitare l’albero, la situazione non migliorerà.
— Preferisco morire che vedere l’albero profanato.
— Ed è quello che accadrà molto presto di questo passo — rispose Darren scoprendo i canini in un ringhio.
— Peccato che con voi morirebbero tutti gli abitanti della città e non abbiamo intenzione di restare a guardare — aggiunse Thalia assottigliando lo sguardo. La sua mano destra era stretta convulsamente al bastone magico.
 — Sorelle, vi prego... — iniziò Yvonne, ma qualcosa le impedì di proseguire.
Si portò una mano al petto, ansimando, e indietreggiò barcollando. Darren, istintivamente, si affrettò a sorreggerla, mentre la maga digrignava i denti infuriata.
— Adesso basta...
La pietra del suo bastone magico iniziò a rifulgere di energia azzurrina e per un attimo chiunque fosse nei paraggi venne accecato.
Yvonne allungò una mano verso di lei: — Ti supplico, non farlo. No!

— Quindi non si sono più tenute cerimonie all’albero da quando il Governatore è partito? — chiese Raven, sorpresa.
Jared scosse la testa. — È come se improvvisamente le sacerdotesse ne avessero timore.
— Ma senza i riti adeguati l’albero perderà potere e Lanterville non sarà più un luogo sicuro.
— Già... È solo questione di giorni. La situazione non farà che peggiorare, la nebbia è solo l’inizio. Quando un albero Vidyr muore, si trascina dietro tutti coloro che ha sempre protetto.
Leon spalancò gli occhi, sorpreso. — Come puoi esserne certo?
— Perché l’ho visto.
— L’hai visto...? 
— Sì — annuì il ragazzo. — Quando avevo dieci anni, Yvonne mi portò con sé ad una delle cerimonie. Entrammo di nascosto nel giardino e seguimmo il rito da poco lontano. Vennero evocati spiriti e immagini di vecchi alberi, di altre città. Immagini di morte e disperazione. Il Vidyr non porta altro che disgrazia.
Raven e Leon si scambiarono uno sguardo e Leon annuì impercettibilmente.
— Jared — iniziò. — Tu sai come entrare nel giardino.
Non era una domanda.
Il ragazzo alzò gli occhi scuri su di lui. Annuì.
— Devi portarci là.
Uscirono in fretta, avviandosi a passo spedito. Giunti nei pressi del centro città, svoltarono a destra.
— Ehm, non dovremmo andare di là? — chiese Raven.
Jared le sorrise divertito. — Vuoi entrare di nascosto usando l’entrata principale?
— Effettivamente — la prese in giro Leon.
La rossa gli diede uno spintone. — Intendevo dire che forse dovremmo passare a controllare che Thalia e Darren stiano bene — precisò. — Dovrebbero essere da queste parti.
Il ragazzo si bloccò. — C’è qualcun altro con voi?
Gli altri due assentirono.
— E stanno cercando di entrare? Pessima idea.
— Perché? 
—  Farò prima a mostrarvelo. Seguitemi.
Invertirono la direzione e si avviarono verso l’entrata principale del giardino. Raven iniziò a sentire un pizzico d’ansia salirle al petto. Forse non avrebbero dovuto separarsi.
Quando furono sul posto, prima di svoltare l’ultimo angolo, la ragazza riconobbe una voce. Era chiaramente Yvonne a parlare. E non era sola: anche Thalia e Darren erano presenti.
Fece cenno a Jared e Leon di fermarsi.
— Aspettate — ordinò a bassa voce, sporgendosi per guardare la scena.
Vide Yvonne cercare di convincere le guardie ed infine entrare, per poi bloccarsi quando agli altri due fu impedito l’ingresso. Raven ebbe la stessa reazione dell'arciere e quasi ringhiò di rabbia. Leon le posò una mano sulla spalla.
In quel momento, Yve iniziò a barcollare e Thalia esclamò qualcosa prima che un fascio di luce intensissimo li costringesse a chiudere gli occhi. Ciò che videro successivamente, fu il caos.

Raven corse in avanti gridando il nome della maga, mentre Leon la inseguiva, sfoderando la spada e intimando a Jared di rimanere dov'era.
— Darren! — urlò Thalia.
Ma il ragazzo era troppo occupato a tenere testa ad una delle sacerdotesse mascherate, che impugnava la lancia contro di lui.
Yvonne era a terra, gli occhi spalancati puntati su Raven. La rossa la raggiunse e si chinò su di lei.
— Stai bene? — chiese.
La giovane annuì.
Nel frattempo, Thalia era intenta a respingere dei fasci di energia magica violacea diretti contro di lei dalla seconda sacerdotessa.
— Raven! — urlò nella sua direzione. — Ho bisogno di aiuto!
La ragazza scattò, raggiungendola.
— Non posso proteggere me stessa e creare anche un’offensiva. Dobbiamo...
Uno schiocco le fece voltare e videro Leon e Darren scagliati lontano dalla magia dell’altra guardia, che ora sogghignava soddisfatta.
— Maledizione... — imprecò la maga.
Raven sfoderò la spada e corse verso l’avversaria. Un fiume di rabbia le bruciava dentro, tanto da impedirle di ragionare lucidamente.
— Dove stai...?
Prima che la sacerdotessa scagliasse contro di lei un fascio di energia, Thalia si frappose fra loro, creando una cupola piuttosto grande, che inglobò anche Yvonne e i due ragazzi a terra.
Le donne iniziarono a scagliarsi contro il suo incantesimo, tentando di romperlo, mentre la maga accusava ogni colpo con un grugnito affaticato.
— Darren... — mormorò con un filo di voce.
Il ragazzo si rialzò a fatica e annuì, estraendo l’arco. Incoccò, prese la mira e tirò. Una delle sacerdotesse fu costretta ad interrompere l’attacco per difendersi. La cosa si ripeté un paio di volte, finché entrambe non smisero di attaccare, infuriate.
Darren ringhiò e si preparò a tirare ancora, quando una delle nemiche impugnò la lancia in maniera differente, come fosse un giavellotto. Thalia comprese al volo cosa stava per fare.
— State giù! — gridò.
I ragazzi si chinarono, in attesa del rumore assordante della cupola che s’infrangeva, ma fu altro ciò che udirono. Nessuno scoppio, solo un’enorme ondata di energia che come un vento fresco li circondò.
E una voce.
— È ora di smetterla con questa follia.

Capitolo 6
10 Marzo 2016

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