Il mistero di Lanterville ~ Cap.4


Il mattino seguente i ragazzi si riunirono nella stanza di Leon e Darren. Quando Thalia e Raven entrarono, quest'ultimo era ancora a petto nudo, intento a soppesare una delle sue frecce.
— Ren, per la miseria, vuoi coprirti? — trasalì la bionda distogliendo lo sguardo imbarazzata.
L'arciere sogghignò. — Ehi, non tutti hanno il piacere di iniziare la giornata con una tale visione, dovresti approfittarne — disse alzandosi in piedi e facendo roteare la freccia con noncuranza.
Raven alzò gli occhi al cielo, ma non commentò. Non avrebbe mai ammesso di essere in parte d'accordo: il fisico dell'amico era allenato al punto da sembrare scolpito, graffiato qua e là da qualche cicatrice che non rovinava affatto il quadro, fondendosi con l'immagine del ragazzo-lupo.
— Fanatico — sbuffò Thalia continuando a guardare altrove.
Lui rise, lanciando la freccia sulle coperte. — Ad ogni modo, quegli imbecilli nel bosco mi hanno rovinato un paio di frecce.
— E allora? — chiese Raven.
— Allora lo sai come divento quando toccano il mio arco: ho bisogno di sfogare il fastidio su qualcuno di altrettanto... fastidioso.
— Se gli ricordo ancora di essere un fanatico, secondo te suono ripetitiva? — borbottò la maga.
Raven fu indecisa tra lo scoppiare a ridere e il darle corda per vedere la reazione di Darren. Prima che potesse prendere una decisione, però, la sua attenzione fu attirata da Leon, che se ne stava in disparte affacciato alla finestra. Mentre gli altri due continuavano il battibecco, gli si avvicinò.
— Tutto bene? — chiese piano.
—Mh mh — rispose lui distrattamente.
— Che tradotto in una lingua comprensibile sarebbe?
Il ragazzo indicò un punto fuori con un cenno della testa. — Guarda lì.
La rossa seguì il suo sguardo e si ritrovò a posare gli occhi su una donna: era coperta da un mantello indaco, il cappuccio abbandonato sulle spalle; i suoi capelli erano argentei, legati in una complessa acconciatura sulla nuca. Doveva avere all'incirca quarant'anni.
— Che sia...?
— Una sacerdotessa — concluse Leon, cupo. Poi puntò gli occhi dorati su di lei e Raven sentì un brivido familiare.
Se guardare Darren equivaleva a perdersi in un turbine d'istinto selvaggio, incrociare lo sguardo di Leon era come guardare il cuore del sole. Ti bruciava le ossa, fino a consumarti.
— Dovremmo farci due chiacchiere — aggiunse il ragazzo e lei si affrettò ad annuire.
Voltandosi verso l'arciere, notò che stava ancora bisticciando con Thalia e ora la sovrastava divertendosi a guardarla scaldarsi.
— Per l'amor del cielo, Ren, infilati quella camicia e piantala di fare l'idiota!
Lui la guardò truce. — Guastafeste.

Ci misero qualche istante per raggiungere l'uscita della locanda, ma, quando furono fuori, la sconosciuta era ancora lì. Intenta in una fitta conversazione con un'altra ragazza, non si accorse di loro finché Darren non gli passò accanto. La superò e la donna ebbe un sussulto. L'altra si fece piccola piccola e sgattaiolò via.
— Cosa ci fa uno come te qui? — sibilò la sacerdotessa. I suoi occhi neri lo scrutavano come fosse ricoperto di pustole.
— Chiedilo alla figlia del Governatore — ghignò Darren per niente intimorito.
— Siete i cadetti di Blackborne — ribatté lei con disprezzo.
— La cosa ti disturba? — intervenne Leon.
La sacerdotessa gli rivolse uno sguardo di sufficienza. — Mi aspettavo degli stregoni, non un gruppo di... — li guardò uno ad uno. — ...ragazzini dalle dubbie capacità.
Leon sorrise, amabile. — Mi sembra che gli stregoni abbiano già fatto abbastanza danni da queste parti. Forse dovreste affidarvi a qualcuno di più competente.
— Osi definire la tua arte, qualunque essa sia, alla stregua della magia?
— Non mi permetterei mai. Trovo soltanto divertente il fatto che un gruppo di sacerdotesse non siano in grado di tenere a bada un semplice albero.
— Il Vidyr non è un semplice albero! — sibilò la donna.
— Ha ragione, Leon — intervenne Thalia. — Chiamalo con il suo giusto nome: luogo dove si sacrificano ragazze innocenti.
— Come osi? Tu, razza di...
— Si dà il caso — la interruppe la maga — che l'Accademia abbia mandato uno stregone.
Raven notò che le nocche della sua piccola mano erano sbiancate, stringendo più forte il bastone magico che iniziava a rifulgere d'argento. La sacerdotessa indietreggiò d'istinto.
— Non siamo qui per aiutare il vostro Ordine, ma questa gente — continuò Thalia.
— Credi di farmi paura? — chiese la donna, gli occhi neri colmi di rabbia. — Non mi interessa per cosa siete qui. Non ci resterete per molto.
— Siete state voi a convocarci ed ora non ci volete? — chiese Raven aggrottando la fronte.
— Non tutte erano d'accordo sulla decisione presa da Yvonne. La maggior parte di noi concordava sul fatto che l'Accademia dovesse restarne fuori, ma quella piccola ingrata ha fatto di testa sua.
— Attenta a come parli. Quella "piccola ingrata" è un'autorità in questo villaggio, non vorrei decidesse di metterti alla gogna — ironizzò Darren.
La sacerdotessa rise di gusto. — La carica di governatore conta meno di niente entro i confini di Lanterville. Il solo motivo per cui la gente segue Yvonne, è suo padre.
Raven si fece attenta. — Perché?
La donna le si fece da presso e assottigliò gli occhi nel guardarla. — Non mi faresti questa domanda se lo conoscessi.
— Conosco abbastanza di lui da non averne rispetto.
— Osate infangare il nome del sacro albero ed ora quello del Maestro Amros. Siete dei folli o degli sciocchi, ma in entrambi i casi vi pentirete delle vostre affermazioni.
Detto questo, la donna gli diede le spalle e senza un'altra parola s'incamminò spedita.
— È stato un vero piacere — le gridò dietro Darren.
Gli altri si limitarono a guardarla sparire fra le case.

— C'è qualcuno di normale in questo dannato villaggio? — chiese l'arciere con una punta di fastidio.
Thalia si strinse nelle spalle e si voltò a guardare gli altri due compagni. Persi ognuno nei propri pensieri, si riscossero quando Darren grugnì una delle sue imprecazioni colorite.
— Sapete questo cosa significa? — disse Leon.
— Che abbiamo già dei nemici — concluse per lui Raven.
La maga annuì.
— E che la tua amichetta non è così potente come vuole far credere — aggiunse Darren con un sorriso feroce.
La rossa emise uno sbuffetto. — Su questo ti sbagli di grosso — mormorò.
— Che vuoi dire? — chiese Thalia.
La ragazza indicò con un cenno della testa il vicolo in cui era sparita la donna vestita d'indaco.
— Le sacerdotesse non temono molte cose. Sono certe di detenere l'antico sapere e lo sfruttano a loro piacimento.
— Di questo ce n'eravamo accorti — commento l'arciere.
— Ma — riprese Raven — quella donna ha chiamato il padre di Yvonne "maestro".
Aggrottò la fronte e scosse leggermente la testa.
— L'Ordine non accetta appellativi del genere. Persino la più saggia fra loro viene chiamata semplicemente "anziana".
— Questo Amros deve averle addomesticate per bene. Ecco perché accettano che Yvonne faccia il bello e il cattivo tempo — disse Leon.
— La situazione continua ad essere strana. Yvonne odiava il padre per averla abbandonata e aver lasciato che la madre morisse.
— La madre di Yvonne è morta? — s'interessò Thalia.
— Frejia ha fatto parte dell'Ordine fin da bambina. Quando conobbe Amros se ne innamorò e fuggirono insieme. Vissero felici fino a che Yve compì cinque anni, poi il padre le abbandonò per dedicarsi ai suoi studi sulla magia. Frejia si ammalò e per dare una possibilità a sua figlia, sfruttò la sua unica carta: tornare dalle sacerdotesse a chiedere perdono e asilo. L'Ordine l'accolse nuovamente, la curò e lasciò che vivessero in pace fino a che Yvonne non compì dieci anni. Il giorno del suo compleanno, prepararono la cerimonia per accoglierla nell'Ordine, ma Frejia si oppose. Non voleva che sua figlia facesse il suo stesso errore, così la mise su un carro diretto a Iverstar e la inviò dall'unico parente che conosceva: il fratello di Amros, Dein.
Raven s'interruppe, prendendo un lungo respiro.
— Yvonne non ha mai dimenticato quel giorno. Quando dividevamo la stanza, al villaggio, si svegliava spesso la notte urlando il nome della madre. Mi raccontò di essersi nascosta sotto le stoffe, sul carro, e aver visto le sacerdotesse trascinarla via.
— Quindi potrebbe essere ancora viva, da qualche parte qui a Lanterville — s'intromise Thalia.
L'amica scosse la testa. — L'Ordine non perdona i trasgressori. Hanno riaccolto Frejia soltanto per punirla, sacrificando sua figlia non appena avesse raggiunto l'età giusta. Ma la madre di Yvonne non era una sciocca. La salvò e venne sacrificata al suo posto.
La maga trattenne il fiato e si portò una mano alla bocca.
— Come sai tutte queste cose? — chiese Leon.
— Io e Yvonne abbiamo vissuto un anno nella stessa casa quando avevo quindici anni. Ha avuto molto tempo per raccontarmi della sua vita. Per farmi leggere le sue lettere...
— Lettere?
Raven annuì. — Quando viveva qui, Yvonne era molto amica del garzone della locandiera. Mi pare si chiamasse Jared. Lei gli rivelò dove sarebbe andata e lui le scrisse delle lettere raccontandole le vicende di Lanterville. Fu Jared ad avvertirla della morte di Frejia, qualche mese dopo la sua partenza. Da quel giorno, inoltre, le missive cessarono.
Quando terminò il racconto, Thalia, Darren e Leon rimasero in silenzio per un po'. Erano partiti da Blackborne per una semplice missione di livello due, ma ciò che avevano trovato andava ben oltre l'immaginazione. Al punto in cui erano, l'Ordine non era l'ostacolo peggiore.
— Allora... — disse Thalia pensierosa. — Pare che questo Amros non sia presente al villaggio, giusto? Se Yvonne ne fa le veci, deve essere fuori portata. Un problema in meno.
— Potremmo provare a cercare questo Jared. Magari vive ancora qui a Lanterville — propose Darren.
— Per quale motivo? Ci interessa poco cos'è accaduto qui dieci anni fa, è il presente che dovrebbe preoccuparci — asserì Leon incrociando le braccia.
— Già, ma data la predisposizione della gente del luogo ad evitarci, forse sfruttare una vecchia storia non sarebbe una cattiva idea per ottenere informazioni.
L'altro sorrise, passandosi una mano fra i capelli. — Visto? Ogni tanto anche tu hai una buona idea — stuzzicò l'amico.
Darren sogghignò, scoprendo i canini. Thalia, dal canto suo, aveva affiancato Raven.
— Direi che è il caso di dividersi — suggerì. — Raven e Leon potrebbero cercare Jared, mentre io e Ren andremo a perlustrare la zona attorno all'albero sacro.
Gli altri assentirono e Leon si chinò verso l'arciere: — Cerca di non mordere nessuno, è chiaro? — suggerì con una punta di divertimento.
L'altro alzò le mani in segno di resa. — Sarò un bravo cagnolino — assicurò. — Sempre che qualcuno non mi arruffi il pelo — aggiunse con un occhiolino.
Leon gli diede una spallata, mentre Raven e Thalia ridacchiavano.
— Ci vediamo dopo.
— Vi contatto io nel solito modo — dichiarò la maga indicando il suo bastone magico. — Comodo avere una maga in squadra, eh? — sorrise.
Poi il gruppo si separò.

Come prima cosa, Raven e Leon rientrarono nella locanda per chiedere informazioni. Si avvicinarono al bancone e con un gesto attirarono l'attenzione della donna che li aveva accolti la sera prima.
— Desiderate? — chiese appena li ebbe raggiunti.
— Abbiamo un paio di domande per voi — iniziò Raven.
La locandiera impallidì leggermente e scoccò uno sguardo intimorito alla sala.
— Non temete, nulla che possa mettervi in cattiva luce agli occhi dell'Ordine — precisò Leon con gentilezza.
La donna tossicchiò a disagio. — Ditemi.
— Da quanto possedete la locanda? — chiese Raven.
— Nove anni, più o meno.
I ragazzi si scambiarono un'occhiata.
— Quando l'avete acquistata, vi lavorava un garzone, non è così?
La locandiera annuì. — Fui costretta a mandarlo via: avevo troppi debiti, non potevo pagarlo adeguatamente.
— Sapete che fine ha fatto?
— È stato preso in custodia da Bart, il fabbro. Aveva solo undici anni, era orfano e Bart si prese cura di lui insegnandogli il mestiere.
— Quindi vive ancora a Lanterville.
— Sì, nella casa dietro la bottega. Quando Bart è morto ha ereditato l'intera fucina. Ma perché vi interessa?
Fu Leon a rispondere. — Jared è un vecchio amico, vogliamo soltanto fargli visita.
La donna non sembrò convinta, ma non fece altre domande.
I due ragazzi la ringraziarono e uscirono dal locale incamminandosi verso la fucina.

Thalia e Darren non ebbero difficoltà a trovare il giardino che ospitava l'albero sacro. Si trovava esattamente al centro della città ed era chiuso all'interno di una struttura in legno alla quale si poteva accedere tramite una piccola entrata presidiata da due guardie con il volto coperto. La maga notò che anche loro portavano una divisa color indaco.
— Vietato l'ingresso! — esclamò una delle guardie. La voce era femminile.
— Pensi che sia una sacerdotessa? — sussurrò Darren.
— Sono anche combattenti, adesso? — ribatté Thalia.
Effettivamente le due donne stringevano in mano una lunga lancia che terminava, dalla parte opposta alla lama, con una grossa pietra violacea.
— Scopriamolo.
L'arciere avanzò fino a toccare la porta in legno. — Vi do la mia parola, signore, che non recheremo alcun danno al vostro...
La frase fu interrotta da uno schiocco seguito da un tonfo. Thalia, che si era coperta le orecchie trasalendo al forte rumore, vide Darren volare nella sua direzione e atterrare di schiena, sollevando diversa polvere dalla strada.
— Che accidenti...?
Il ragazzo imprecò e si alzò a sedere dolorante, passandosi una mano sul collo. — Questa me la pagano... — sibilò, mentre la maga si chinava per dargli una mano.
— Come cavolo hanno fatto? — grugnò.
Thalia scoccò uno sguardo alle armi delle guardie. — Ho idea che quelle non siano semplici lance.
— A quanto pare. Ho sentito una forte energia strapparmi da terra e spingermi indietro, ma sono certo che nessuna delle due mi abbia sfiorato.
— Meglio non insistere. Potrei attaccarle, ma non conosco le loro capacità. Sarebbe un combattimento alla cieca, non possiamo permettercelo.
— E poi se chiamassero rinforzi saremmo in minoranza — aggiunse Darren. — Dobbiamo trovare un altro modo.
— Be', un'idea ce l'avrei...
L'arciere si voltò a guardarla e la sua espressione dovette suggerirgli qualcosa di spiacevole.
— Oh, no. Assolutamente no, Thal.
— È l'unico modo.
Lui sospirò, spazzando via dai pantaloni con una mano la polvere rimasta dalla caduta.
— A Raven non piacerà.

Capitolo 5
1 Febbraio 2016

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