— Lanterville
— asserì Yvonne con una calma irritante. Teneva gli occhi chiusi da un po'.
La lunga
pausa che seguì le sue parole diede il tempo a Darren di voltarsi verso Raven,
muovendo l'indice in circolo vicino la propria tempia. La domanda muta era
chiara: "le manca qualche rotella?".
Thalia
gli diede un calcio da sotto il tavolo.
— Che
cosa stai...? — iniziò Leon, ma proprio in quel momento Yvonne aprì gli occhi.
— Non vi
siete chiesti il perché di questo nome? — domandò.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio. — Avremmo dovuto? — chiese ironico.
— Per giungere fino a questa torre avete attraversato una parte del villaggio.
E ognuna delle case che vi siete lasciati alle spalle aveva un particolare che
a quanto pare non avete notato.
Fu la
volta di Darren. — Stiamo giocando agli indovinelli? — chiese spazientito.
Leon gli
rivolse uno sguardo eloquente e il ragazzo tacque, non senza prima aver
sbuffato sonoramente.
Yvonne
gli rivolse un'occhiata distratta. — Ti dispiacerebbe andare verso la porta?
— Mi stai buttando fuori?
— No, ti sto solo chiedendo di aprire la porta.
L'arciere aggrottò la fronte e guardò Leon. L'altro non si mosse.
— Vado
io — intervenne Raven con voce dura.
Si alzò
e raggiunse l'entrata. Quando fu sull'uscio, tirò la maniglia.
Bastò un
solo momento perché una densa nebbia grigiastra penetrasse nell'edificio. Raven
indietreggiò presa alla sprovvista e Thalia scattò in piedi, impugnando il bastone magico.
Yvonne
la fermò prima che potesse invocare il suo incantesimo: — Fermati, maga! È una
nebbia incantata, ma non ci farà alcun male.
La bionda guardò l'amica che la rassicurò annuendo.
— Raven,
da' un'occhiata fuori.
La ragazza
ubbidì, ma i suoi occhi non colsero nulla aldilà del proprio naso.
— Non si
vede niente — dichiarò. — Eppure quando siamo arrivati...
— La
nebbia era alta anche allora, solo che non potevate scorgerla. Ho fatto
innalzare una barriera di protezione che ha effetto fino al tramonto. Giunta la
sera, viene annullata.
— Ancora
magia... — sibilò Darren. — Vorrei sapere chi crea illusioni tanto elaborate.
Dev'essere uno stregone potente e la cosa non mi piace.
Yvonne
scosse la testa. — Nessuno stregone — dichiarò. — Sono state le Sacerdotesse di
Shavia.
Leon e
Darren si guardarono, Raven spalancò gli occhi e Thalia li chiuse.
— Non
puoi averlo fatto... — mormorò la rossa avvicinandosi al tavolo.
Yvonne
si alzò in piedi, chinandosi in avanti e poggiando i palmi sulla superficie
legnosa. — Non è il momento di parlare di questo.
— Dicevi
che non avresti seguito le orme di tua madre.
—
Raven...
—
L'avevi promesso!
— Ora
basta!
Raven
ansimò, sbattendo una mano sul legno e abbassando la testa, la mascella
contratta. Respirò a fondo un paio di volte, nel silenzio della stanza.
— Non
sei la persona che conoscevo. Tu non sei Yvonne... — mormorò con voce rotta.
Poi alzò gli occhi color nocciola su di lei, lo sguardo pieno di tristezza. — Non
siamo i primi a cui hai chiesto aiuto, non è così? Ma nessuno ha osato
immischiarsi nelle faccende dell'Ordine. — La sua voce si colorò di una
sfumatura amara. — Mi hai voluta qui per essere sicura che l'Accademia non si
tirasse indietro come gli altri. Soltanto per questo.
Si
lasciò cadere sulla sedia più vicina e nascose il viso fra le mani, mentre
Darren accorreva al suo fianco.
Nel
frattempo, Leon aveva puntato l'attenzione su Thalia. La maga era voltata verso
Raven, ma i suoi occhi azzurri sembravano guardare tutt'altro. Fu proprio lei
ad intervenire.
— Tempo
fa l'Accademia ha ricevuto una richiesta dall'Ordine, prontamente rifiutata.
Siamo partiti per questa missione convinti che non avesse niente a che fare con
quella missiva, ma ci sbagliavamo. — spiegò con un serietà che usava raramente.
— La procedura in questi casi è semplice: lasciarsi alle spalle questo posto e
rinchiudere te nelle segrete di Blackborne.
Yvonne
non sembrò intimidita dalle sue parole e la cosa destò un filo d'irritazione
nel cuore di Leon.
— Ma le
cose si sono complicate quando Raven ha messo piede qui dentro. Ora deve
scegliere: lasciare un'amica al proprio destino, oppure trasgredire le regole
dell'Accademia — aggiunse..
Ancora
una volta, Yvonne non rispose.
Fu
Darren a rompere l'apparente quiete. Si alzò in piedi di scatto, scoprendo i
denti in un ghigno disgustato.
— Sei
una vera bastarda — girò attorno al tavolo e raggiunse Yvonne, che indietreggiò
quando lui le si fece vicino. Molto
vicino. Il suo volto si fermò a un palmo da quello della ragazza. — Se
dipendesse da me, a questo punto saresti legata e imbavagliata — minacciò con i canini scoperti. — Ma dato che non posso sfiorarti a causa di Raven, mi
limiterò ad un avvertimento. — Si chinò a sussurrarle nell'orecchio. — Se
qualcosa va storto in questa storia, qualunque cosa... ti uccido.
Poi si
allontanò, poggiandosi al tavolo a braccia incrociate.
Raven
intanto sembrava tornata in sé e osservava la scena con le mani intrecciate
poggiate sul legno.
— Le
Sacerdotesse di Shavia — iniziò con voce piena di astio. — Un ordine votato
alla stregoneria, che sacrifica ragazze innocenti in cambio di protezione e
potere. Abbiamo accettato un incarico da delle assassine.
Yvonne,
ancora provata dalla minaccia di Darren, si scurì in volto. — Non è affatto
così. L'Ordine non sacrifica le ragazze, sono loro ad offrirsi in dono.
La rossa rise senza gioia. — Hai cambiato idea dall'ultima volta che ne abbiamo parlato.
Le trovavi disgustose e...
— Sta'
zitta!
Per la
prima volta, i ragazzi videro qualcosa di diverso dalla solita calma piatta
negli occhi chiari di Yvonne. Sembrava... spaventata. Ma durò un solo attimo.
Quando riprese a parlare era tornata tranquilla.
— Ci
sono cose che non sai dell'Ordine, cose che ho imparato in questi ultimi anni.
Raven si
alzò in piedi di scatto.
— E ci
sono cose che non sai di me! — esclamò con rabbia. — Hai scelto di votare la
tua esistenza ad un culto di sangue, ma io no. Sono una cadetta di Blackborne,
combatto per la giustizia. Cosa ti fa pensare che sarei disposta a voltare le
spalle a tutta la mia vita, a ciò in cui credo, per aiutare una come te? Un'assassina?
— Io non...
— Cosa?
Non hai mai ucciso nessuno? Pensi davvero che solo il conficcare un coltello
nel ventre di qualcuno possa renderti un'assassina? Restare a guardare,
prendere parte a quei riti, ti rende colpevole allo stesso modo. Hai le mani
sporche di sangue, Yve.
— Non
chiamarmi in quel modo! — urlò Yvonne, fuori di sé.
L'altra la
scrutò attentamente, poi raddrizzò la schiena, fece un cenno ai compagni e si
avviò verso la porta. Sulla soglia, mentre Thalia, Leon e Darren si
affrettavano a raggiungerla, aggiunse qualcos'altro.
—
Alloggeremo alla locanda. Ho bisogno di tempo per pensare. Non cercarmi.
Poi
sparì nella nebbia.
—
Cavolo, non si vede un accidenti di niente! — si lamentò Darren.
Erano
fermi a pochi passi dalla torre.
— Come
fa la gente a vivere in un postaccio del genere?
Leon
sospirò. — Non credo sia sempre stato così. Deve far parte del problema per cui
ci hanno convocati. E che non sono sicuro di voler conoscere a questo punto.
— Questo
posto porta guai — aggiunse Thalia. — Dovremmo andarcene e basta.
— Già —
annuì l'arciere. — Quella tipa avrà anche le fattezze di una ninfa dei boschi, ma
emana un'aura da brivido. Avete visto i suoi occhi?
— Credo
di aver capito cosa intendesse — intervenne Raven improvvisamente.
— Che
cosa? — chiese la maga.
— Quando
ha detto che le case avevano qualcosa in comune. Guardate lì.
Indicò
una direzione, ma si accorse che non potevano vederla, così sospirò: — Le luci
rosse.
Gli
altri tre ci misero qualche attimo a capire.
— Ma
certo! — esclamò Thalia. — Le lanterne!
— Ma non
mi dire — ghignò Darren. — Si chiama Lanterville perché ogni casa ha una
lanterna sull'uscio? Originale.
— Non
sarà originale, ma è funzionale allo scopo — disse Leon. — Se ogni casa ne ha
una, possiamo orientarci. Ren, hai studiato meglio la piantina, da che parte
dovrebbe essere la locanda rispetto al portone d'ingresso?
Il ragazzo ci pensò su un attimo. — In fondo, sulla destra.
— La
torre è a metà strada, quindi dobbiamo seguire le luci per un tragitto
abbastanza breve.
Assentirono in coro e tutti insieme iniziarono a camminare. La
traversata avvenne in perfetto silenzio, tranne rare occasioni in cui si
scambiarono pareri sulla giusta direzione. Quando arrivarono all'altezza della
locanda, la riconobbero all'istante: la luce era molto più intensa delle altre.
—
Dev'essere questa — dichiarò Leon.
— Qualunque cosa sia, io entro — disse Darren per poi dirigersi verso la
fiammella.
Bussò un
paio di volte e aspettò. Nessuno rispose, quindi riprovò. Al terzo tentativo gridò
spazientito: — Insomma, preferite aprire o buttiamo giù la porta?
— Non mi sembra il modo giusto per... — iniziò Thalia, ma fu interrotta dal
cigolare della porta.
—
Dicevi? — la stuzzicò l'amico.
Lei
sbuffò.
Li
accolse una donna sulla cinquantina, in carne, con le gote arrossate e una
cuffia consunta sulla testa. Non aprì del tutto la porta, osservando
terrorizzata la nebbia che penetrava all'interno in rivoli densi.
—
Desiderate? — chiese titubante.
—
Accademia di Blackborne, vorremmo un paio di stanze.
La donna
rimase muta.
Raven
sospirò esasperata e si fece avanti.
— Siamo
ospiti della figlia del Governatore. Se non ci credete, non vi resta che
avventurarvi fuori e andare a chiedere delucidazioni — disse.
La donna
impallidì e si fece da parte. La ragazza si infilò dentro, seguita dagli altri.
L'interno
era accogliente e caldo, ma quasi deserto. Gli avventori occupavano sì e no un
paio di tavoli.
—
Desiderate mangiare qualcosa? — chiese la locandiera.
Leon si
fermò ad ordinare, mentre Thalia, Darren e Raven prendevano posto a un tavolo
appartato sulla destra della sala. Appena si furono sistemati, notarono che i
presenti li fissavano, chi con curiosità, chi con paura o astio.
—
L'ospitalità di questo posto migliora sempre di più — sibilò Darren.
Thalia
si strinse nelle spalle. — Tu non saresti diffidente se non potessi uscire di casa
a causa di un incantesimo?
— E se
avessi una setta di assassine come concittadine? — aggiunse Raven con una punta
di disgusto.
Leon
intanto si era unito a loro.
— A
proposito — asserì l'arciere. — Pare che tu ne sappia molto più di noi su questa
storia. Illuminaci.
La
locandiera depositò sul tavolo cinque boccali di idromele. La rossa ne sorseggiò
un po' e apprezzò il fatto che fosse dolciastro, poi iniziò a parlare.
— L'Ordine
di Shavia accetta soltanto bambine con il dono della magia, o discendenti di
maghe del culto, istruendole su come compiacere la Dea — spiegò. — Passano
tutta la vita ad accrescere il loro potere e di solito si fermano in un luogo,
rendendolo sicuro e impenetrabile.
— Non mi
sembra così male — intervenne Leon.
Raven
sorrise cupa. — Anche la pace ha un prezzo, dovresti saperlo. Perché la Dea
protegga il luogo e doni loro conoscenza, le sacerdotesse sacrificano una
novizia ogni anno, sottoponendola ad un rito di iniziazione che la priva della
vita e incatena il suo spirito all'Albero del Vidyr, impedendogli di trovare la
pace. Più è alto il numero di spiriti legati all'albero, più l'incantesimo di
protezione del luogo sarà potente. E così l'Ordine.
Al
termine della spiegazione, i ragazzi rimasero in silenzio, sorseggiando ognuno
la propria bevanda. Infine Thalia trovò il coraggio di parlare.
— Se
l'albero protegge la città, come può lasciare che si alzi questa nebbia? —
chiese.
— Non ne ho idea. Il potere dell'albero dovrebbe essere impossibile da
contrastare, se non da una nutrita congrega di stregoni.
— E non
mi pare ce ne siano in giro — asserì Darren. — Non so se esserne felice o meno —
ironizzò giocando con il manico del suo boccale.
Leon si
sporse per sfiorare la mano di Raven. — Che cosa intendi fare? — chiese piano. —
Vuoi rimanere ad indagare?
La
ragazza prese un lungo respiro. — Non ne sono sicura — dichiarò.
— Yvonne non è più la stessa. Un tempo non avrebbe mai
accettato di entrare a far parte dell'Ordine. E poi, suo padre...
— Suo
padre? — chiese Thalia.
— Sì,
lui... era uno stregone molto potente. L'ha abbandonata quand'era solo una
bambina, preferendo i suoi studi a lei. Ed ora spunta fuori che è il Governatore
di Lanterville. Tutto questo non ha senso.
Darren
sbattè il boccale semivuoto sul tavolo, spruzzando qualche goccia di bevanda
intorno.
— Non so
voi, ma ho una certa voglia di andare in fondo a questa storia. L'Accademia non
approverà, ma possiamo evitare che la voce raggiunga Blackborne.
Raven
incrociò i suoi occhi rossi e rimase colpita dalla rabbia che vi lesse. — Non devi farlo per forza.
— Credi voglia farlo solo per te? Ti sbagli. Lo faccio
perché mi infastidisce essere preso in giro da un gruppo di sacerdotesse che
giocano a fare le dee.
Leon
emise uno sbuffo di assenso. — Effettivamente è quantomeno irritante essere
bloccati qui a causa di... un albero.
Thalia
ridacchiò e persino Raven non poté fare a meno di sorridere.
— Siete
due idioti — asserì dando una gomitata a Darren.
Lui si
strinse nelle spalle e bevve l'ultimo sorso dal boccale.
— Quindi
è ufficiale, siamo in missione? — chiese.
La rossa scorse lo sguardo sulla sala e si fermò ad osservare le fiamme che crepitavano
nel camino. Ripensò alla lettera di Yvonne, alla freddezza con cui l'aveva
accolta. Sentì una fitta al cuore e sospirò pensierosa.
Cinque
anni a Blackborne le avevano insegnato a scegliere con cura le proprie
battaglie. C'erano cose per cui valeva la pena combattere e cose che era meglio
lasciare com'erano. La scelta finale spettava a lei.
—
Inizierei con una visitina ad un certo albero — propose con un sorriso di
sfida.
Darren
ghignò soddisfatto. — Questo si chiama parlare.
Capitolo 4
20 Gennaio 2016
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