Il mistero di Lanterville ~ Cap.2


— Mi dispiace.
Leon fece finta di non sentire, continuando a guardare davanti a sé. Raven sospirò, scoccando uno sguardo a Thalia e Darren che camminavano poco più avanti. Era certa che entrambi si fossero allontanati per lasciarle modo di scusarsi, ma Leon non ne voleva proprio sapere.
Al secondo tentativo, tentò un approccio più diretto. Corse un paio di passi avanti e si fermò davanti il ragazzo, sbarrandogli la strada. — Fermati un attimo e ascolta.
Il giovane alzò un sopracciglio e tentò di aggirarla con tutta calma. Raven lo tirò per un polso. — Leon, ti prego...
— Di che cosa vuoi parlare? — sbottò lui. — Del fatto che hai ammesso quanto la mia presenza risulti inutile per te? O forse hai cambiato idea quando poco fa ti ho salvato la vita? Di nuovo, aggiungerei.
— Non volevo dire quelle cose, va bene? — esclamò Raven. — Ero nervosa...
— Lo siamo tutti.
Finalmente Leon si fermò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e scrutandola attentamente.
— Non me la bevo, Rav. Parlarmi in quel modo non è da te. Siamo una squadra, ci fidiamo gli uni degli altri. Se ti passa qualcosa di strano per la testa dillo e basta.
La ragazza prese a tormentarsi le dita, ma non disse nulla. Leon la osservò per qualche istante, poi sbuffò sonoramente e si chinò a prenderle una mano, il volto a un palmo da quello di lei.
— D’accordo, va bene. Accetto le tue scuse.
Lei lo guardò sorpresa, con i suoi affilati occhi nocciola, e notò che stava sorridendo divertito. Aggrottò la fronte.
— Stai ridendo di me?
Leon si rialzò per poi passarsi una mano fra i capelli.
— Diciamo che quell'espressione ha ripagato qualsiasi tua accusa infondata — ghignò mentre qualche ciocca argentea gli ricadeva sugli occhi.
Raven sospirò, sentendo sciogliere il peso sul petto. Odiava litigare con lui. Erano entrambi troppo irascibili e, quando uno dei due scattava, il battibecco era in grado di durare per ore. Di solito finiva quando si stancavano di tirarla per le lunghe. Questa volta, però, era stato diverso e la ragazza si chiese se fosse sembrata davvero tanto patetica da muovere a compassione l’amico.
— Sì, lo eri.
— Cosa?
— Patetica — precisò Leon. — È a questo che stavi pensando, no?
La rossa borbottò qualcosa di incomprensibile, dandogli una gomitata. Il ragazzo rise e riprese a camminare sulla scia di Thalia e Darren, che si erano fermati poco più avanti.
Poco prima di unirsi a loro, aggiunse:
— Qualunque cosa sia, puoi dirmela.
Raven, che ormai era quasi accanto a lui, si bloccò sul posto. Leon aveva quella strana espressione che gli illuminava il viso ogni volta che diceva qualcosa di serio, qualcosa in cui credeva.
— Non c’è niente che possa farmi cambiare opinione su di te, lo sai.
Poi si voltò e raggiunse Darren, al quale diede una poco aggraziata pacca sulla spalla. L’amico rispose con un pugno amichevole.
Raven, ancora immobile, sorrise debolmente.
Lo spero tanto, Leon.

Giunsero alle porte di Lanterville al tramonto. L’arancione degli ultimi raggi del sole illuminava il bosco dolcemente, accarezzandone le fronde e rendendo ancora più intensa l’atmosfera autunnale.
La cittadina era protetta da un alto muro di cinta fatto di tronchi. Si diceva fossero stati lavorati dai famosi intagliatori delle terre di Evran. Rispetto al resto, il portone appariva piuttosto anonimo.
— Che razza di accoglienza è mai questa? — esclamò Darren, ironico. — Neanche una guardia fuori a darci il benvenuto?
Allargò le braccia come aspettandosi di vedere aprirsi il portone. Ovviamente non accadde, perciò sbuffò andando a bussare.
Nessuna risposta.
— Magari è l’entrata sbagliata — azzardò Thalia. — Magari c’è un’altra...
— Cosa? Un portone più grande di questo? — sibilò il ragazzo, infastidito. — Certo, e magari ci stanno aspettando dentro con una tavola imbandita!
Raven si affiancò a Leon, che restava in silenzio ad osservare il muro di tronchi. — Che facciamo?
Lui aggrottò la fronte. — Siamo stati convocati, è impossibile che non sappiano del nostro arrivo. C’è qualcosa che non va.
— Ma non mi dire — ironizzò l'arciere, raggiungendoli. — Questa storia puzza più del mio vecchio cavallo Kir.
— Nessuno puzza più di Kir, Ren — s’intromise Thalia con un’espressione disgustata.
— Ehi, un po’ di rispetto per i cavalli anziani!
Raven ridacchiò e Leon alzò gli occhi al cielo. La maga, dal canto suo, usò il bastone per colpire Darren in testa.
— Insomma! — si lamentò il ragazzo. — Vogliamo smetterla con questo vizio delle bastonate?
Thalia si preparò a dargliene un’altra, ma lui si spostò fuori portata, impugnando il suo arco.
— Aspetta, aspetta! — gridò la bionda. — Giuro che non lo faccio più!
Darren le scoccò uno sguardo di superiorità, poi incoccò una freccia, fece un mezzo giro sul posto e scoccò in direzione di Lanterville.
La freccia superò il muro senza problemi.
— Sei impazzito? — urlò Thalia. — Potresti aver ucciso qualcuno!
Ren si stiracchiò tranquillo.
— Se avessi dato un’occhiata alla piantina della città che ci è stata gentilmente fornita dall’Accademia, sapresti che da quella parte ci sono le stalle. Sarà finita su qualche tetto e, se siamo fortunati, qualcuno si chiederà da dove sia arrivata.
— E senza un messaggio potrebbe anche pensare ad un attacco — aggiunse Leon.
— Ogni piano geniale ha i suoi pro e i suoi contro.
— Diciamo che se ci tirano addosso qualcosa la prossima freccia te la faccio ingoiare.
Darren incrociò le braccia al petto. — Raven? Tocca a te. Sei l’unica a non avermi ancora minacciato oggi. Vuoi divertirti un po’? — la stuzzicò.
Ma la ragazza era distratta. — Direi che abbiamo altro da fare al momento — disse indicando l'entrata.
Sul portone si era aperta una piccola finestra che nessuno aveva notato, da cui un paio di occhi chiari osservavano la scena. Li riconobbe all'istante. D’istinto, corse verso l’ingresso.
— Sei tu...? — chiese piano.
La figura, di cui ora si scorgeva solo un frammento di pelle, non rispose, richiudendo la finestrella.
— Aspetta, ti prego! Sono io, Raven!
Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla e scorse Darren al suo fianco. Anche Leon e Thalia l’avevano raggiunta. Qualche istante dopo, il portone iniziò ad aprirsi.

Con somma sorpresa di Raven, ad accoglierli non fu chi aveva intravisto, ma quattro donne armate di lancia. Li circondarono, minacciandoli piuttosto rudemente.
Darren bofonchiò qualche imprecazione, incoccando una delle sue frecce, ma Thalia gli fece un segno di diniego con la testa.
— Possiamo batterli — sussurrò lui.
— Non siamo qui per questo.
— Chi siete? — chiese una delle guardie.
— Ci manda l'Accademia in seguito alla vostra missiva.
Le donne sembrarono perplesse.
— Non è stata inviata alcuna missiva...
— Li ho invitati io.
Una voce femminile risuonò alle spalle delle guardie, che si voltarono di scatto. Anche i ragazzi alzarono lo sguardo, curiosi. Tutti tranne Raven, che si limitò a prendere un lungo respiro.
— Ciao, Raven.
La ragazza che avevano davanti non doveva avere più di venticinque anni. Era alta, dalle curve generose messe in risalto dal lungo vestito blu scuro, fasciato in vita da una cintura elaborata, e dalla generosa scollatura. Aveva i capelli lunghi fino alla vita, nero ebano, e due grandi occhi grigio-azzurri. Era davvero bellissima.
— Yvonne... — mormorò la rossa in risposta.
Quella è Yvonne? — chiese Darren con una punta d'isteria nella voce.
Thalia gli pestò un piede.
— Se me l'avessero detto prima mi sarei dato una mossa.
— Vuoi un calcio?
Leon si frappose tra loro, prendendo la parola.
— Ci aspettavamo un'accoglienza diversa — esclamò freddo. Poi tirò fuori dalla tasca una lettera e la sventolò in aria. — Assoluta urgenza. È questo che hai scritto. Mi sembra di capire che fosse un modo per farci accorrere senza domande. L'Accademia non ama essere presa in giro.
La giovane scosse lievemente la testa.
— Sono spiacente, avevo bisogno di una risposta tempestiva.
— Avresti potuto scrivere a me, spiegarmi tutto con il nostro solito... — intervenne Raven, ma Yvonne alzò una mano per fermarla.
La rossa serrò le labbra e strinse i pugni. Una strana sensazione iniziò a farsi spazio in lei, lacerando la superficie dei suoi pensieri e attingendo ai suoi ricordi più intimi. Possibile che le cose fossero cambiate così tanto?
— Molto bene — riprese Leon. — Abbassate le armi e saremo pronti ad ascoltarvi. Ma se quello che scopriremo dovesse rivelarsi... — si fermò, con un sorriso feroce sul volto. — Mettiamola così: spero abbiate un'ottima spiegazione per tutto questo — concluse indicando con un gesto ampio il luogo.
Ad un cenno di Yvonne, le guardie abbassarono le lance e indietreggiarono, lasciandoli liberi di muoversi. La giovane gli fece cenno di seguirla e, quando si voltò, Thalia ne approfittò per invocare uno dei suoi incanti di protezione.
— Non me ne voglia la tua ospite — disse rivolta a Raven. — Ma non mi fido.
L'amica annuì distrattamente.

L'interno della cittadina era pressoché deserto, il che insospettì il gruppo. Darren e Leon si scambiarono uno sguardo d'intesa, stringendo la presa sulle armi. Tutto suonava come una trappola: dal portone sbarrato alla reazione delle guardie, per finire con il comportamento di Yvonne. Raven arrivò persino a chiedersi se fosse davvero lei. Era troppo diversa dalla ragazza dal sorriso dolce che ricordava, quella che ogni giorno le faceva trovare un fiore sul davanzale della finestra o le cantava allegre ballate apprese dalla nonna.
— Non vi sembra strano? — chiese Thalia durante il cammino.
— Cosa nello specifico? Qui dentro non c'è niente che sembri normale — sibilò Leon.
— Le guardie. Seguono gli ordini di una ragazza così giovane. Perché mai...?
— Sono la figlia del Governatore — rispose Yvonne senza girarsi.
La maga arrossì un po'.
— Tuo padre? — chiese Raven spalancando gli occhi. — Ma lui era...
— È tornato — la interruppe la giovane ancora una volta.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Raven scattò in avanti e prese il polso di Yvonne, tenendolo stretto e girandola verso di lei.
— Adesso basta! — quasi gridò. — Hai convocato l'Accademia, hai chiesto di me. Ora sono qui e non mi guardi neanche.
La lasciò andare, un'espressione amara a colorarle il volto.
— Che cosa ti è successo, Yve?
La giovane la raggelò con i suoi occhi chiarissimi.
— Non chiamarmi in quel modo. Non sono più quella persona.
Poi si voltò e continuò a camminare, fermandosi soltanto quando ebbe raggiunto un grande edificio a torre a pochi passi da dove i ragazzi si erano bloccati. Aprì la porta e sparì dentro, in attesa che la seguissero.
Leon sfiorò una mano di Raven. — Va tutto bene? — chiese piano.
La rossa scosse la testa. — No. Non c'è niente che vada bene...
Il ragazzo le accarezzò lievemente il viso, poi, con un cenno, la spinse ad entrare nella torre.
L'interno li lasciò stupefatti.
Le pareti erano completamente rivestite di scaffali pieni di libri e il centro della stanza era dominato da una scala a chiocciola finemente decorata che portava ai piani superiori. Il resto del posto recava qualche grande tavolo in legno scuro, circondato da sedie nello stesso materiale, ognuno illuminato da enormi lanterne sorrette da statue in pietra raffiguranti quelli che, dato l'abbigliamento, dovevano essere stregoni.
— Wow! — esclamò Thalia. — Questo posto è un sogno.
Darren si ritrovò ad annuire. — Quanti piani ci saranno?
— Dieci — rispose la voce di Yvonne, rimbombando fastidiosamente.
— Per ogni piano un argomento: magia nera, magia bianca, magia verde, invocazioni. È la più grande biblioteca sulla stregoneria esistente nei confini del regno. Esclusa quella dell'Accademia, naturalmente.
— E come mai la ospita proprio Lanterville? — chiese Leon.
Fu Thalia a rispondere. — In questa città, o meglio in quello che prima era un villaggio di questa zona, nacque Alfrid II, il più grande stregone bianco della storia.
Yvonne annuì. — Sei una maga, vedo.
— Non faccio nulla per nasconderlo — replicò la bionda, in tono d'accusa.
La giovane ospite sospirò e per un attimo sembrò affaticata. Poi riprese a parlare: — È tutto a tua disposizione, puoi prendere quello che vuoi, purché rimanga nei confini di Lanterville.
Thalia la ringraziò, ma non si mosse di un passo.
Dopo qualche istante di silenzio, Yvonne si rivolse alle guardie.
— Potete andare. Ho bisogno di parlare con loro da sola.
Le donne annuirono e si chiusero la porta alle spalle.
Non appena rimasero soli, La giovane si lasciò cadere sulla sedia di uno dei tavoli.
— Prego, sedetevi. Credo di dovervi una spiegazione.
— Come minimo — borbottò Darren.
I ragazzi presero posto e la lanterna sopra di loro prese a rifulgere più intensamente delle altre. Raven notò che la statua del mago che la sorreggeva aveva un paio di pietre rosse al posto degli occhi, il che la rendeva piuttosto inquietante. Thalia sembrava aver notato la stessa cosa perché le rivolse un gesto eloquente che la rossa tradusse con un semplice "brr!".
Leon, accanto a lei, le sfiorò una mano prima di iniziare a parlare.
— La figlia del Governatore di Lanterville ci manda una missiva. Arriviamo sul posto e troviamo una città deserta. Cosa dovremmo pensare?
— Per non parlare dell'incantesimo lungo il cammino. Qualcosa mi dice che provenisse da qui — aggiunse Darren.
— Sì — rispose Yvonne. — È stato attivato per proteggere la città. Non avrebbe dovuto crearvi problemi, avevo espressamente ordinato di lasciarvi passare.
— Ordinato a chi esattamente? 
La giovane sospirò.
— Le cose sono più complicate di quanto pensiate. Occorre iniziare dal principio.

Capitolo 3
30 Dicembre 2015

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