Giorno due.
Sembra un diario tenuto per il gruppo degli alcolisti anonimi. "Sono 48 ore che non tocco la sambuca". Il che non è vero. Io amo la sambuca. Che poi è l'unica cosa che bevo (si fa per dire, la vedo una volta l'anno) insieme al vino bianco e al prosecco. Ma perché stiamo parlando di questo?
Giorno due. E sono già andata fuori tema (le novità della vita).
La verità è che oggi volevo parlare del mio punto di forza (e quello di debolezza). Inutile dire che ognuno di noi ne ha uno e che debba sempre tentare di valorizzarlo. Io, ad esempio, sono una frana nella narrazione di momenti di tempo lunghi che necessitano di essere sintetizzati in poche pagine, tanto quanto sono creativa con i dialoghi. Fosse per me, scriverei solo quelli!
Con "momenti di tempo lunghi che necessitano di essere sintetizzati in poche pagine" (a proposito di sintesi), intendo quello che andrò a spiegarvi.
Avete presente quando un personaggio protagonista si ferisce e rimane privo di sensi per un bel po'? Ecco, in questi casi, spesso, abbiamo pronto un altro personaggio che, se non lo cura, rimane comunque al suo capezzale. Per quanto tempo?
E' questo il guaio. Se il poveretto ha bisogno di più di un minuto scarso di riposo, si ha bisogno di sintetizzare ciò che accade nei seguenti "giorni di malattia", quindi condensare un pezzo di storia (in cui in realtà non succede un fagiolo di niente) in poche pagine che dovranno risultare comunque scorrevoli e interessanti.
Salvatemi da supplizi del genere, vi prego! In questi casi, ci metto giornate intere per tirar fuori sì e no una decina di pagine. Che incapace.
Avete consigli per questo tallone d'Achille? O volete scrivere questi pezzi per me? No, scherzavo, i miei personaggi moribondi non si toccano, sciò!
Che dire del punto di forza, invece?
Beh, la cosa più importante nei dialoghi, almeno secondo il mio personalissimo giudizio, è diversificarli. Mi spiego.
A volte leggo dialoghi di personaggi che, se estrapolati dal contesto, non dicono un bel niente. Far parlare il contadino alla stesso modo del re, è una cosa che ho sempre trovato destabilizzante. Quando scrivo, cerco di dare corpo ad ogni singolo personaggio, persino la comparsa che sparirà nel giro di tre righe. Mi rendo conto che spiegarlo lo faccia apparire molto più complicato di quanto sembri, perciò userò un esempio.
— Mio signore, porto notizie dal fronte.
— Ti ascolto.
— L'impero del Nord ha ritirato le truppe, pare sia cambiato qualcosa laggiù. Parlano di uno stregone, mio signore.
— Uno stregone? Ad Everdal? Chi è stato a riferirtelo?
— Madame Elanie, signore. Richiede la vostra presenza nella tenda del consiglio.
Due personaggi. Nessun nome. Chi sono? Quali sono i loro ruoli? Riuscite a visualizzarli anche senza una descrizione o una narrazione di contorno?
Ecco ciò che intendo. Un soldato darà del voi al suo comandante, ma il comandante a sua volta sarà autorizzato a trattarlo in maniera molto meno attenta (chiaramente parliamo del mio esempio, poi le cose cambiano da storia a storia). E' ovvio che nel fantasy questa cosa sia ancora più enfatizzata, ma funziona anche in un dialogo più attuale.
Riguardo questo, mi permetto di suggerirvi una cosa. C'è una scrittrice che usa i dialoghi in maniera sublime e da quando l'ho scoperta me ne sono innamorata:
Cassandra Clare. Aldilà del fatto che adoro le sue saghe, obiettivamente è un genio in questo campo (e in moltissimi altri). Potrei estrapolare una qualunque battuta e saprei chi è stato a pronunciarla.
Non scrive fantasy (almeno per quanto ne so io), ma poco importa.
Ricapitolando.
Punto forza: i dialoghi. Nel senso che mi piace da impazzire scriverli, ovviamente. Poi magari il mio giudizio è completamente sballato e sono un'incapace, chi lo sa. L'importante è mettere passione in quello che si fa, nonostante tutto. Ed io ne ho anche troppa. Se mi pagassero un euro a litro/chilo/metro cubo (come si misura la passione?), sarei ricca.
Per finire, voglio regalarvi un piccolo stralcio proveniente dal Gioco di Ruolo by Forum a cui partecipo da quando avevo sedici anni e che ha contribuito a far crescere tutte queste idee che mi frullano nella testolina. Farina del mio sacco, insomma.
Come prima, posterò il tutto senza narrazione.
— Sai, un ragazzo che conosco possiede un falco.
Osservandolo volare libero nel cielo, ho sognato spesso di poterlo seguire, di poter schiudere le ali e fuggire via da ciò che mi teneva inchiodata a terra. Poi ripensavo alle persone che mi erano accanto e cambiavo idea. Non avrei mai potuto lasciarli, erano tutto ciò che avevo e ciò che desideravo dalla vita. [...] Adesso, però, le cose sono cambiate. Probabilmente non li avrò più al mio fianco dopo quello che ho fatto. Li ho delusi. Li ho delusi tutti.
— Coloro di cui parli... Percepisco nelle tue parole un forte legame.
Se davvero sono quello che dici, se davvero sono stati il tuo motivo per rimanere, allora non devi temere. Rivedrai le ali di quel falco e sarà come una volta. Tornerai a casa.
Al prossimo aggiornamento, draghetti!
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